Braccio di ferro nel centrodestra per la presidenza del Senato

Ilaria Lombardo Francesco Olivo

ROMA – Pare siano stati i modi di Ignazio La Russa a innervosire Silvio Berlusconi. Soprattutto il tono con cui il senatore di Fratelli d’Italia, accanto alla leader Giorgia Meloni durante il vertice ad Arcore di sabato, ostentava, con un pizzico di sarcasmo, la generosità di chi dall’alto del 26 per cento di consensi è pronto a lasciare qualcosa agli alleati che hanno preso meno di un terzo dei voti di FdI. Raccontano che Berlusconi si sia addirittura alzato dalla poltrona, infastidito. E ancora ieri dentro Forza Italia si commentavano le indiscrezioni del partito sulla reazione del presidente azzurro, e i suoi giudizi successivi all’incontro. Uno su tutti: «Questa signora (riferito a Meloni, ndr) pensa di trattarmi come fossi un rimbambito», è la frase attribuita al Cavaliere dai suoi fedelissimi.

Le crepe dentro il centrodestra, a due giorni dal battesimo del nuovo Parlamento, dovrebbero impensierire la premier in pectore. Ogni giorno che passa diventa sempre più evidente l’insofferenza degli alleati nei suoi confronti. Per i veti, il metodo, la passione improvvisa per i tecnici. Domani Meloni, Berlusconi e Matteo Salvini si rivedranno e dovranno accordarsi almeno sulle presidenze di Camera e Senato, per non arrivare privi di un nome l’indomani, alla prima seduta della nuova legislatura. La presidente di FdI non intende cedere su Ignazio La Russa. Lo vuole sullo scranno più alto di Palazzo Madama. Salvini però non molla. E continua a chiedere la seconda carica dello Stato per Roberto Calderoli. È una trincea anche molto tattica – il Senato è una pedina fondamentale per trattare sui ministeri – oltre che utile a non rompere equilibri interni al partito che dopo il voto sono diventati molto più fragili. Ottenere Palazzo Madama, per Salvini vorrebbe dire anche evitare di scegliere chi andrà alla presidenza della Camera, tra Giancarlo Giorgetti, il numero due della Lega che le tante incomprensioni hanno allontanato dal segretario, e Riccardo Molinari, capogruppo uscente, dato per favorito.

Il segretario del Carroccio dà per scontato che Meloni cederà sui vicepremier e sembra ormai deciso a prendere per sé le Infrastrutture. Nonostante qualche dubbio su un posto di comando che risulta abbastanza scomodo per chi guida un partito, Salvini lo considera comunque un ministero più strategico dell’Agricoltura, che vorrebbe lasciare all’amico Gianmarco Centinaio. Non c’è più l’Interno nell’orizzonte del leader. Al Viminale però dovrebbe finire il suo ex capo di gabinetto, il prefetto di Roma Matteo Piantedosi, un nome a lui molto gradito. Nella short list leghista poi restano altre due caselle. Una, nel partito, la danno per certa: gli Affari regionali, cruciale per realizzare l’autonomia. La seconda richiesta è il Turismo, magari integrato con lo Sport. Alla Lega, però, potrebbe rimanere solo il secondo se Berlusconi si impunterà con Meloni per avere Licia Ronzulli all’interno della squadra di governo.

Le due non si amano ma il presidente azzurro è stato categorico: «Lei deve esserci». Il Turismo potrebbe essere il compromesso, anche se la futura presidente del Consiglio continua a non digerire l’idea e a Ronzulli preferirebbe Anna Maria Bernini.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.