Giorgia Meloni e i comizi vecchio stile con le piazze piene. E la battuta: «Sono un po’ stanchina»

di Marco Imarisio

Nella borsa i fogli a quadretti con gli appunti. E a Matera incita i militanti: non dovete avere paura

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«Chiedo a tutti di stringersi al centro, anche a quelli che stanno ai lati, per creare l’effetto adeguato». Gli appelli dei presentatori cadono nel vuoto. Non ce n’è bisogno, e soprattutto non c’è più spazio. «Ancora cinque minuti» avvisano dai walkie talkie i responsabili del servizio d’ordine. Dai due maxischermi scorrono immagini di polizia ai posti di blocco, di anziani sorridenti, di giovani ottimisti, con gli slogan della campagna elettorale, tutelare per primi gli italiani, difendere la famiglia e il ceto medio. Ma sono soprattutto le dimensioni che contano e più di ogni cosa indicano la direzione del vento. Dai poster al palco, e per dovere di cronaca il discorso vale pure per il pubblico, è tutto più grande. A Matera come a Caserta, ultima domenica prima del voto, doppio comizio. Sembra di essere a un concerto da stadio, anche le regole di ingaggio sono le stesse. L’Alfa Romeo viene sempre fatta entrare dal retro e si ferma proprio sotto il palco. Giorgia Meloni dà un’ultima occhiata agli appunti, sempre su fogli di quaderno, rigorosamente a quadretti. Li ripone nella borsa e scende dall’auto. Percorre un tragitto lungo un paio di metri al massimo e sale. Come fosse una rockstar, da proteggere in una teca, pochi contatti con i sostenitori adoranti, selfie ridotti al minimo.

A Matera, piazza Matteotti è colma. Mezzogiorno di domenica. «Non dovete avere paura» è una delle prime frasi che pronuncia. L’esortazione è tutt’altro che generica, e riguarda quello che viene percepito come un suo possibile punto debole a queste latitudini. Poco più di un anno fa, durante un comizio a Napoli, definì il reddito di cittadinanza «come metadone per i tossicodipendenti». Adesso Meloni usa parole più caute, modifiche invece di abolizione, distingue tra chi può lavorare e chi invece non è in grado di farlo. Non cita mai Giuseppe Conte. Ma nell’affrontare come uno dei primi argomenti in scaletta la misura assistenziale tanto cara all’ex presidente del Consiglio è come se in modo implicito riconoscesse un avvenuto cambio di scenario, e forse anche di avversario, almeno qui al Sud. «Sento tanti esponenti del M5S che si vantano delle gratuità. Come se non sapessero che i soldi per quelle gratuità ce li metterà comunque lo Stato. A differenza loro, noi diciamo la verità. Noi non siamo venditori di pentole, noi non siamo le Wanna Marchi della politica».

Meloni ironizza spesso sui suoi decibel e sulla sua propensione al grido che stanno ormai venendo meno. «Sono un po’ stanchina» dice. La presidente di Fratelli d’Italia è l’unica ad aver scommesso sui comizi vecchio stile, prima le piazze piene, che non fanno mai male, poi nell’urna chissà. Uno almeno per ogni regione, con l’obiettivo di tornare a Roma ogni 48 ore. «Fatemi andare a casa» dice a fine giornata. «Se non sono in grado di prendermi cura di mia figlia, come posso farlo con voi?». La scelta di affidarsi a grandi eventi, con le decine di pullman che arrivano anche dalle regioni limitrofe per fare massa, oltre a dimostrare una capacità di mobilitazione sul territorio da partito di una volta, richiede anche un certo sforzo fisico.

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