La vendetta di Conte contro il Pd: “Sulle spese militari hanno la coda di paglia”

Federico Capurso

Appena fuori Pisa, le colline toscane iniziano a salire e a scendere dolcemente. Giuseppe Conte le attraversa come un aratro. Fa tappa a Livorno, passa da Coltano, sale a Viareggio, poi via verso Firenze. Feudi rossi, un tempo. Oggi, terre di conquista. E di sfida, anche simbolica, al Pd. Il rischio è di essere accolto come un corpo estraneo, ma Conte riceve applausi, sorrisi, poche e timide contestazioni. Capisce che la porta del feudo è aperta. Può alzare il tiro contro quelli che un tempo erano i padroni di casa: «A livello locale, in futuro, ci penseremo bene non una, ma tante volte, prima di stringere un’alleanza con il Pd. E soprattutto, mai con questi vertici». Non mette il partito nel mirino, con i suoi valori e le sue idee, ma il segretario Enrico Letta e i dirigenti Dem che hanno deciso di estirpare i Cinque stelle dal loro campo. Una distinzione utile ad attrarre i voti dei delusi di sinistra. Poi, dietro le strategie comunicative e i calcoli elettorali, c’è anche il cuore, la ferita ancora aperta per quello strappo e il sapore della rivalsa che adesso, per la prima volta, sembra essere piacevole, dolce. Come quello della vendetta. «Io valuto i comportamenti di questa dirigenza nei nostri confronti – dice l’ex premier -, i suoi errori politici, il cinismo, l’opportunismo, le incongruenze e le false accuse che stanno riversando su di noi». Non era mai stato così duro.

Ogni passo, tra queste colline, è stato studiato per accarezzare le anime di sinistra indecise, distanti dalla linea di partito di Letta. C’è la spinta pacifista, che parte dalla visita a Coltano, dove il vicepresidente M5S Riccardo Ricciardi, che è di casa, fa strada al leader. «Grazie a un’iniziativa di Ricciardi e del Movimento, qui non è stata costruita una nuova base militare», ricorda Conte. Poi parlando con La Stampa torna sui 12,5 miliardi di euro, spalmati in sedici anni e già stanziati, che la prossima settimana arriveranno in commissione alla Camera per la programmazione degli investimenti militari. I Cinque stelle vorrebbero bloccarli. Il Pd protesta, «la loro è demagogia». Conte ribatte: «Il Pd fa circolare una pappardella sulle armi, ma non dovete credergli. Vogliono approvare questi decreti in fretta, nell’ultimo giorno utile, ma che siamo nati scemi? Non trovano il tempo di sbloccare la cessione dei crediti sul superbonus, per salvare 40mila imprese, ma trovano tempo per questo?». Per il leader M5S è «una decisione che deve prendere il prossimo governo politico. E si deve dare il tempo di analizzare i dossier. Mi attaccano? Sulle spese militari il Pd ha la coda di paglia».

Piombino è poco distante. Conte ha rimandato ancora la possibilità di far visita al porto dove il governo vorrebbe costruire un rigassificatore. Tutti i maggiori partiti sono d’accordo con palazzo Chigi, Pd compreso. Non i Cinque stelle. «Ma non siamo il partito dei no – puntualizza Conte -. Noi vogliamo i rigassificatori galleggianti temporanei, ma non a Piombino, dove ci sono altre esigenze». E se il governo promette di dare in cambio delle bonifiche per alcuni siti industriali ormai dismessi, l’ex premier evoca la truffa e ribadisce la sua contrarietà: «Quelle bonifiche erano dovute, a prescindere dal rigassificatore. Queste scelte vanno fatte dialogando con le comunità locali, non possono essere calate dall’alto». Nessun veto, invece, sul decreto Aiuti bis: «Lo approviamo martedì».

La strategia sembra funzionare. Almeno così dicono i sondaggi. «Sono buoni», assicura Conte. «Anzi, di più», e mima un razzo ormai in orbita. A Livorno ne ha avuto la prova. Scende nel cuore della prima città rossa, visita il mercato centrale, e l’accoglienza è calorosa. Si ferma al banco Mare blu, dalla signora Nicoletta, livornese doc, che prova a offrirgli del pesce crudo. Conte deve rifiutare. Ricorda ancora l’intossicazione alimentare che lo costrinse ad andare in ospedale tre giorni prima della caduta del governo Draghi, ma stringe mani, sorride, si informa sui rincari delle bollette. «Non è stato fischiato», sottolinea Nicoletta, e «in questa città, dove la si pensa da sempre in un certo modo, vuol dire qualcosa. Lo abbiamo accettato». Al banco a fianco, i ragazzi della pescheria Rosi non sono d’accordo: «Qui di rosso è rimasto ben poco. Però è vero che la Meloni è stata contestata. Lui lo stanno trattando bene». Il nome della leader di Fratelli d’Italia riecheggia spesso. In tanti temono che possa essere lei a dilagare. Tanti altri lo sperano. Come Francesco Ficarra, livornese di destra, sempre meno raro: «Lei è coerente. Conte invece è quello dei decreti sicurezza, prima a destra e poi a sinistra». Lo dice anche a Conte, non appena lo incrocia al mercato.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.