Come la guerra di Spagna

Ebbene: in una democrazia una guerra è legittima e democratica se lo scopo per cui è combattuta convince la opinione pubblica. Gli intellettuali hanno dato un contributo decisivo nel delineare i conflitti del dopo ‘89, quelli dell’imperialismo benevolo, umanitario, senza più il grande Nemico. Le guerre su misura per cittadini che non erano più potenziali reclute, dopo la fine degli eserciti di leva, e che le vedevano, come gli intellettuali, come spettacoli sullo schermo del televisore e poi del computer o del telefonino. Guerre che hanno lasciato bilanci spesso catastrofici, Stati distrutti, molte vittime civili, anarchia, profughi. Il loro compito si è fatto ancor più cruciale nelle guerre del dopo 11 settembre, nella crociata globale contro il terrorismo, spettava a loro confermare le individuazioni politiche dei Paesi canaglia, i conflitti da combattere e quelli da dimenticare, nell’esaltare la nuova guerra tecnologica, senza morti ma solo per noi, nel coprire come necessari, accettabili i danni collaterali. In Ucraina è stato l’aggressore a semplificare il compito rivendicando brutalmente il proprio ruolo. Il problema nasce su quale sia la via per fermare la guerra. E qui gli intellettuali, che la guerra non vivono, sono chiamati a risposte difficili se vogliono essere sinceri e non solo propagandisti. “Si fa la guerra quando si vuole ma la si finisce quando si può” diceva Machiavelli: che infatti le guerre le aveva vissute.

LA STAMPA

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