L’Anm perde appeal: ha scioperato meno del 50% delle toghe. “Partecipazione mai così bassa, era prevedibile: i vertici dovrebbero dimettersi”

di Federica Olivo

“A Roma distretto pare sia sotto il 40%”, “Cassazione 102 su 449”, “Napoli 528 su 957”. Quando ancora mancava il quadro completo delle adesioni allo sciopero contro la riforma Cartabia, indetto dall’Associazione nazionale magistrati, le chat delle toghe si aggiornavano di continuo. Ed era già un pullulare di percentuali, di numeri, di commenti detti a bassa voce che, messi insieme, restituivano un solo dato: la partecipazione a questa giornata di protesta indetta dal sindacato delle toghe contro la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario è stata molto bassa. Stando ai dati che ha potuto consultare HuffPost, già dal pomeriggio era chiaro che moltissime corti d’Appello le adesioni non erano arrivate neanche al 50%. In serata, poi, il sindacato delle toghe ha sciolto la riserva. E il dato finale è molto più basso di quello anticipato, e chiaramente arrotondato per eccesso, dal presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. Non ha scioperato il 63% dei magistrati, ma il 48%. Meno della metà. I vertici dell’associazione, attraverso le parole del numero due Salvatore Casciaro, cercando di indorare la pillola. Ma è chiaro che siamo di fronte a una sonora sconfitta. E che quell’80-85% raggiunto nell’ultimo sciopero – indetto del 2010, ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi – è abissalmente lontano. Saranno cambiati anche i tempi, sarà cambiata la magistratura. Ma è chiaro che, per usare le parole dell’onorevole Enrico Costa – che oggi, insieme a Riccardo Magi ha tenuto una conferenza stampa contro lo sciopero e per la riforma – siamo di fronte a “un flop prevedibile”. 

Ma perché le toghe, pur mobilitate dall’Anm, hanno deciso di non scioperare? Lo abbiamo chiesto a Pasquale Grasso, ex presidente del sindacato dei magistrati, – era al vertice nel 2019, quando scoppiò il caso Palamara – che sin da subito aveva dichiarato di non voler partecipare all’iniziativa. “Siamo di fronte alla partecipazione più bassa nella storia degli scioperi dei magistrati”, osserva, parlando con HuffPost. E aggiunge: “Questo non vuol dire che la riforma sia positiva, o che raggiunga l’obiettivo che viene sbandierato o che, ancora, piaccia ai magistrati. Siamo di fronte a una riformicchia di bassissimo respiro, utile alla politica perché così può sbandierare un intervento legislativo purchessia, e utile anche alla magistratura associata perché così può dire di unirsi di fronte a un nemico. Ma la verità è che non siamo neanche al gattopardesco tutto deve cambiare perché nulla cambi. Perché in realtà questa riforma cambia pochissimo”.

Grasso non usa mezzi termini nei confronti dell’associazione che ha presieduto pochi anni fa. “La deliberazione dello sciopero dimostra lo scollamento tra i vertici e i componenti dell’Anm. Un responso così basso da parte degli associati è una sconfitta per l’appannata dirigenza. Quest’ultima vrebbe dovuto rendersi conto che con questo sciopero avrebbe recitato l’ennesima commedia dell’arte, con personaggi triti e ritriti. Salvo, poi, gettare la spugna con gran dignità”. Giudice a Genova, Grasso cita Fabrizio De Andrè per descrivere quello che lui chiama ‘uno sciopero per rappresentazione’. E si augura che questa “sconfitta eclatante” possa costituire l’occasione per “uscire dal canovaccio delle parti prestabilite e fare un passo laterale”.

Le parti cui fa riferimento sono quelle che giocano, da decenni, magistratura, avvocati e politica. Sempre in rotta di collisione, sempre a un passo dallo scontro. In uno spettacolo che si ripete e che, questa volta, deve essere parso talmente noioso che il pubblico era poco e la sala semivuota. “Dovremmo farci tutti un esame di coscienza – aggiunge il magistrato – perché questa guerra non è utile a nessuno. O, forse, è utilissima a tutti, ma solo per conservare i ruoli prestabiliti. Altrimenti, non si capisce come nessuna delle parti in causa si sia resa conto dell’inconsistenza di questa riforma”. Perché, è la tesi di Grasso, gli interventi legislativi che in questo momento sono sul tavolo della commissione giustizia del Senato non fanno né male, né bene alla magistratura. Semplicemente, non cambiano nulla.

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