La forza (a metà) di Macron: una lezione dalla Francia

di Angelo Panebianco

L’esito delle elezioni ci dice che, sfidato dall’esterno dalle potenze autoritarie e all’interno dai movimenti illiberali, l’Occidente resta in grave affanno

Il mondo occidentale, l’Unione Europea, la Nato. Tutti in queste ore brindano allo scampato pericolo. Tutti sono grati ai francesi per avere riconfermato Macron. Nell’immediato una presidenza Le Pen avrebbe compromesso la tenuta del fronte occidentale nella guerra. Nel più lungo termine, avrebbe bloccato l’integrazione europea e inferto colpi mortali all’Alleanza atlantica. Si pensi poi agli effetti di contagio. In Italia, ad esempio, i movimenti populisti, che sono forti quanto e forse più che in Francia, ne avrebbero tratto grande beneficio. Come minimo, dopo le prossime elezioni, ci saremmo ritrovati, come ai tempi di Trump, con una qualche riedizione del governo giallo-verde.

Quasi mai in democrazia è la politica estera a orientare il voto dei cittadini. La Francia non fa eccezione. Ma se, nella scelta fra Macron e Le Pen, hanno sicuramente pesato soprattutto motivazioni economiche — le proposte di Le Pen non sono apparse convincenti per molti francesi e il buon andamento dell’economia ha premiato il presidente uscente — un qualche peso deve averlo avuto anche la guerra e la minaccia della Russia all’Europa. Era chiaro a tanti che una vittoria di Marine Le Pen sarebbe risultata assai gradita al dittatore russo.

Tutto bene dunque? Ci sono due incognite. La prima riguarda le elezioni parlamentari di giugno. Forse, come ci si aspetta, la vittoria di Macron avrà un effetto di trascinamento su quel voto. Ma se, per ipotesi, i macronisti non ottenessero la maggioranza dei seggi, allora la presidenza Macron verrebbe subito azzoppata. Macron dovrebbe, come impone la logica dei semi-presidenzialismi, dare vita a un governo di coalizione, fortemente condizionato dalla estrema destra o, più facilmente, dall’estrema sinistra.

La seconda incognita ha a che fare con la politica che Macron vorrà o potrà fare in Europa. Come risulta dal breve discorso fatto dopo la vittoria, il presidente riconfermato è ben consapevole del fatto che il suo Paese è spaccato e polarizzato, che dovrà necessariamente tenere conto delle domande e delle aspettative dei tanti, soprattutto giovani, che hanno votato Mélenchon, il candidato di estrema sinistra, al primo turno delle presidenziali, nonché di tutti coloro che hanno consentito a Le Pen di raccogliere così tanti consensi al secondo turno.

Non dobbiamo dimenticare che in queste presidenziali si sono scontrati il nazionalismo/sovranismo duro e puro di Marine Le Pen e il nazionalismo/sovranismo soft di Macron. Il presidente, in questo erede della tradizione gollista, vuole una Europa forte ma anche un’Europa ove la Francia possa esercitare una egemonia. Qualcuno immagina che Macron, o un qualsiasi altro presidente (in nome di un europeismo che a quel punto risulterebbe per lui politicamente suicida) sia disposto a cedere all’Unione europea il seggio francese nel Consiglio di sicurezza dell’Onu? I risultati delle elezioni francesi, con i più che lusinghieri risultati ottenuti dai partiti estremisti, condizioneranno ancora di più le aspirazioni egemoniche della Francia. In ogni caso, Macron ha vinto ma non ha stravinto. Non solo la politica interna ma anche la politica estera della Francia ne saranno influenzate.

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