C’è un giudice a Washington

di Gianni Riotta

Da questa estate, i maschi bianchi non saranno maggioranza nella Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, per la prima volta nella storia della repubblica, nata nel 1776. Il Senato ha confermato, 53 favorevoli e 47 contrari, tre senatori repubblicani a votare con la maggioranza democratica, la giudice Ketanji Brown Jackson, 51 anni, laureata ad Harvard, prima donna afroamericana fra i nove magistrati in toga nera da quando, con il Judiciary Act del 1789, la Supreme Court venne chiamata dal presidente George Washington a garantire che nessuna legge fosse in contrasto con la, rivoluzionaria, Costituzione. Dei nove membri attuali, nominati a vita, solo 4 sono maschi e bianchi, finora avevano occupato 108 dei 115 scranni in quattro secoli.

Tanti di noi meditano, in queste ore, sentimenti che richiamano i versi in esilio del poeta Brecht, “Davvero, vivo in tempi bui! La parola innocente è stolta. Una fronte distesa vuol dire insensibilità. Chi ride, la notizia atroce non l’ha ancora ricevuta…”, mentre da governi, pulpiti, giornali, tv, web, cattedre le nostre, Dio sa quanto imperfette, democrazie vengono, per interesse, ipocrisia o ignoranza, svillaneggiate da brutte copie dei totalitarismi, ed elezioni, libera informazione, magistratura indipendente svendute, in omaggio a Putin. La nomina di Brown Jackson, scelta dal presidente Joe Biden per mantenere una promessa elettorale, dopo le dimissioni del giudice Stephen Breyer, indica invece quale sia la virtù superiore, politica, etica, giuridica dei paesi liberi, non la presunta “infallibilità” di cui si blatera, ma, tutto al contrario, la capacità, lenta, dolorosa, mai esaurita, di emendare gli errori, verso un futuro meno ingiusto.


Razzismo, schiavismo, il maschilismo che ha escluso le donne dal voto fino al XIX Emendamento del 1920, sfruttamento brutale del lavoro, han marchiato gli Stati Uniti, come ogni altro paese occidentale, per generazioni. Il sorriso della giudice Brown Jackson, i suoi ricordi – papà avvocato, mamma preside, la giurisprudenza delle sentenze firmate in tribunale – segnano una strada mai battuta: laureanda ad Harvard nel 1996, solo 33 donne nere in facoltà, vide una bandiera della Confederazione schiavista sventolare provocatoria davanti alla finestra: si unì alle proteste, ammonendo però le compagne– “Saremo in prima fila, ma senza perdere una lezione, dobbiamo laurearci ed eccellere!”. Ancor oggi, negli Usa, solo il 4,7% degli avvocati sono afroamericani, e appena 70 magistrate federali, meno del 2%, sono afroamericane.
Nessun dubbio: il cammino verso l’affermazione degli ideali costituzionali di diritti umani, negli Usa e in Europa, sarà lungo e aspro, ma solo in democrazia si realizzerà.

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