Ursula von der Leyen a Kiev per rassicurare Zelensky e sfidare Putin: “Dobbiamo dare un segnale”

dal nostro corrispondente Claudio Tito

Bruxelles. “Di fronte a questi orrori, non possiamo rimanere fermi. Dobbiamo mostrare da che parte sta l’Europa. Dobbiamo dare un segnale”. Quando alla vigilia della partenza per l’Ucraina e mentre il vertice della Nato esaminava le barbarie delle truppe russe a Bucha, qualcuno le ha chiesto se davvero fosse opportuno questo viaggio, la presidente della Commissione, Ursula von Der Leyen, ha risposto con queste parole. E con un gesto: dalla sua scrivania ha preso la copia del settimanale tedesco Der Spiegel, lo ha sfogliato e ha indicato le parti più orribili. Ecco la spiegazione. Ed ecco gli obiettivi proposti.  Un modo, quindi, per dire che dinanzi alle crudeltà della storia e della cronaca nessuno può tirarsi indietro. Certo, oltre ai sentimenti c’è inevitabilmente di più. Questa guerra, è stata l’analisi fatta pure nel corso dell’ultima riunione della Commissione, si combatte anche a colpi di “simboli”. L’aspetto della comunicazione, dell’informazione e, purtroppo, della disinformazione ha un ruolo senza precedenti. È la variante del XXI secolo su un conflitto combattuto con le armi del XX secolo. E allora il viaggio di Von der Leyen e dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha cercato di essere un fattore di questa variante.

Rappresentare un “simbolo”. L’obiettivo è dunque di elevare l’immagine dei vertici comunitari in Ucraina e in particolare la loro presenza nel luogo dell’eccidio più crudele, a emblema dell’Europa. Della posizione assunta dall’Unione, della vicinanza manifestata nei confronti del presidente Zelensky. Offrire un “simbolo” in una battaglia di simboli. Far capire che se due figure istituzionali sono in grado di compiere un gesto del genere e di visitare liberamente un territorio belligerante, allora l’attacco russo è davvero fallito. Oppure è sull’orlo del fallimento. In questo quadro, è l’interpretazione data dal vertice dell’esecutivo comunitario, non c’è bisogno di formulare una proposta sulle armi o sui finanziamenti, oppure inviare un segnale di novità. Il gesto vale per il messaggio che intrinsecamente trasmette. 


Poi, certo, in questa scelta hanno avuto un peso anche altri elementi. Che non possono essere trascurati. E che nei giorni scorsi hanno preso in alcuni momenti il sopravvento. Il primo è l’indecisione che l’Unione Europea ha evidenziato nelle ultime ore sulle sanzioni più delicate, quelle sull’energia. Il timore – in tutti i rappresentanti della Commissione – era che quella prudenza venisse scambiata per distanza. E che la linea europea si identificasse in una debolezza o in una unità incrinata. Che il colore del petrolio e del gas fosse più brillante della sovranità dello Stato ucraino.

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