Giornalisti di guerra, vittime collaterali

Un fumettista ha deciso di ritrarre i reporter uccisi o scomparsi: «Meritano di essere ricordati». La procuratrice di Kiev Venediktova: «I numeri ufficiali sono sottostimati»

Davide Lessi

«Volevo fermare questi volti. Dare loro dignità. Più di quanta già ne avessero nelle foto dei tesserini». C’è Gianluca Costantini, cinquantenne fumettista ravennate, dietro questi ritratti dei giornalisti uccisi e scomparsi in Ucraina. Una matita già nota al pubblico italiano per il disegno simbolo della campagna di Amnesty per Patrick Zaki, l’attivista e studente ancora sotto processo in Egitto. «Il progetto sui reporter uccisi nel mondo è partito anni fa con l’organizzazione non governativa Committee to Protect Journalists. Il primo che ho disegnato era un giornalista filippino nel 2004, poi c’è stato il Messico. Non ho più smesso, ne ho fatti a centinaia».

Gli ultimi cinque sono geolocalizzati in Ucraina. «Temo che non saranno gli ultimi e questa tragica lista sarà aggiornata», aggiunge Costantini. Il suo obiettivo, attraverso una sorta di “mappatura”, è creare «un racconto collettivo e parallelo alle cronaca di guerra quotidiana». Basta guardarli questi volti. E leggere le mini-biografie pubblicate a corredo sul sito (https://www.channeldraw.org/) per capire meglio cosa sta dicendo. L’ultima è Oksana Baoulina, la giornalista russa del sito di inchiesta The Insider uccisa a Kiev otto giorni fa «da un drone kamikaze», come denuncia Reporters sans frontières. Colpita, in maniera chirurgica, mentre stava documentando l’attacco missilistico di qualche ora prima a un centro commerciale.

Ci sono anche due veterani di guerra della Fox News: il cameraman Pierre Zakrzewski, 55 anni, e la giornalista ucraina Alexandra Kuvshynova, detta Sasha, appena 24 anni. Il veicolo in cui viaggiavano alle porte di Kiev è stato bersagliato da colpi di armi da fuoco. E poi il giornalista statunitense Brent Renaud, ucciso a Irpin («Lui lo conoscevo – racconta Costantini -. Era stato anche in Libia e avevo visto dei suoi filmati per documentarmi per un mio libro sul Paese nordafricano»). Senza dimenticare Viktor Dedov, morto tra le macerie della sua casa nella città martire di Mariupol. E infine, quello che forse è il primo reporter caduto di questa guerra: Evgueni Sakoun ucciso nell’attacco missilistico alla torre della stazione televisiva (Kyiv Live Tv) dove lavorava.

Non è finita. Nonostante il conto ufficiale parli di cinque reporter morti, la procuratrice generale ucraina Iryna Venediktova ha specificato che «dall’inizio della guerra almeno 12 giornalisti sono stati uccisi, almeno sei rapiti e altri 10 sono rimasti feriti». Vittime collaterali. Poco importa se la Convenzione di Ginevra del 1949 spiega che i «giornalisti che svolgono missioni professionali nelle zone di guerra vengono considerati come civili e protetti in quanto tali». C’è chi preferisce considerarli bersagli, obiettivi da eliminare. «Non è un caso che si colpisca chi vuole testimoniare cosa sta accadendo», commenta Costantini. «In una guerra a fare la differenza sono proprio i reporter che rischiano la loro vita sul terreno».

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