Ucraina Russia, news di oggi sulla guerra | L’Ucraina: «La promessa di ritiro della Russia punta solo a confondere». Ancora bombe su Kiev

di Lorenzo Cremonesi, Andrea Nicastro, Marta Serafini, Giusi Fasano, Paolo Foschi

Le notizie di mercoledì 30 marzo sulla guerra minuto per minuto: dopo il quarto round di negoziati a Istanbul, in Turchia, Mosca ha fatto sapere che non si tratta di un cessate il fuoco, ma di una «riduzione delle attività militari»

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• Siamo arrivati al 35esimo giorno di guerra.
• Nella giornata di ieri, martedì 29 marzo, si è concluso il quarto round dei colloqui tra Mosca e Kiev a Istanbul. Mosca ha parlato di una «riduzione significativa delle attività militari a Kiev e Chernihiv», ma ha precisato che «non si tratta di un cessate il fuoco»; l’Ucraina ha presentato proposte dettagliate sulla sua neutralità Stati Uniti, Unione Europea, Gran Bretagna e — ora — Ucraina sono scettici sulle reali intenzioni di Mosca.
• Sempre ieri il presidente francese Macron ha raggiunto al telefono Putin (gli avrebbe chiesto che «i nazionalisti depongano le armi a Mariupol») e ha preso parte a un vertice telefonico con gli altri leader Scholz, Draghi, Biden e Johnson.
• Forte tensione nel governo italiano sul Dl Ucraina, oggi in Aula al Senato: ieri c’è stato un lungo e teso confronto tra Draghi e Conte, e non è chiaro se i 5 Stelle daranno il loro appoggio all’aumento delle spese militari al 2% del Pil come promesso dall’Italia ai partner della Nato.

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Ore 8.45 – Il preallarme tedesco sul gas
La Germania ha attivato il primo livello di allarme sulle forniture di gas: a dirlo è stato il ministro dell’Economia di Berlino, Robert Habeck. Si tratta del primo dei tre livelli dell’emergenza energetica, ed è un livello contemplato dai piani di tutti i Paesi: solitamente si parla di «preallarme», «allarme» ed «emergenza».

Il livello di allarme nel quale la Germania si trova ora è lo stesso nel quale l’Italia si trova da settimane: prevede monitoraggio più attento dei flussi di gas e la possibilità di attuare soluzioni «di mercato» per massimizzare l’afflusso di gas (ad esempio, si chiede agli importatori di massimizzare le importazioni).

Ulteriori misure possono essere prese nei livelli di allerta successivi: un Paese può chiedere di fermare le forniture ai clienti che hanno accettato contratti con clausole di interrompibilità (ad esempio, industrie che magari possono usare energie diverse dal gas), ridurre la temperatura e gli orari di riscaldamento in uffici pubblici o esercizi commerciali e, come ultima misura, intervenire sul razionamento delle forniture ai privati.

La Germania ha comunicato di avere al momento i serbatoi di stoccaggio pieni al 25% (la percentuale, in Italia, è più alta).

L’allerta è scattata perché domani, 31 marzo, la Russia dovrebbe implementare la misura annunciata da Putin: il gas dovrà essere pagato in rubli. Una condizione che i Paesi occidentali considerano una inaccettabile violazione dei termini contrattuali.

Ore 8.20 – Le esplosioni a Kiev (e in un villaggio russo vicino al confine)
«Non è un cessate il fuoco», avevano specificato dal governo russo, raffreddando le speranze sorte dopo l’annuncio di una «drastica riduzione delle attività militari» a Kiev e Chernihiv. E cessate il fuoco non è stato: Kiev ha vissuto un’altra notte con il suono delle sirene e le esplosioni dei colpi di artiglieria, ai margini della città.

Un’altra esplosione — da seguire, come indicato già nelle scorse ore da Guido Olimpio, sul Corriere — è avvenuta a Oktjabrskij, un villaggio nella regione russa di Belgorod, a una manciata di chilometri dal confine con l’Ucraina. La causa delle esplosioni non è stata ancora accertata, ma a prendere fuoco sarebbe stato un deposito di munizioni.

Ore 8.00 – La strategia degli Stati Uniti è cambiata?
(Luigi Ippolito) «Ci sono due ragioni per pensare che la fine è in vista e una ragione per pensare di no», dice lo storico britannico Niall Ferguson al Corriere. «Le ragioni per il primo scenario sono che i russi chiaramente hanno un problema: la misera performance delle loro forze e le pesanti perdite subite, cui si aggiungono problemi logistici difficili da risolvere. Dunque l’annuncio che si focalizzano sul Donbass non è stata una sorpresa. La seconda ragione è che Zelensky continua a segnalare la volontà di trovare un accordo basato sulla neutralità dell’Ucraina».

E invece dove sta il problema? «Il problema sono gli Stati Uniti: perché l’Amministrazione Biden si è imbarcata in una strategia che punta a prolungare a la guerra, nella convinzione che questo porterà a un cambio di regime in Russia. La cosiddetta gaffe di Biden non era affatto una gaffe».

L’intervista integrale — ricchissima di spunti — è qui.

Ore 7.50 – Ma perché Russia e Ucraina proteggono Abramovich?
Quale ruolo sta giocando Roman Abramovich? E in quale campo sta? Le domande su che cosa stia facendo esattamente l’oligarca russo — che sembra «protetto» sia dall’Ucraina sia dalla Russia, e che ieri, per l’ennesima volta, era presente ai negoziati tra i due Paesi — continuano: così come quelle sul suo presunto avvelenamento (svelato da Wall Street Journal e Bellingcat, ma sul quale Stati Uniti e Russia, con accenti diversi, smentiscono o affermano di non avere prove). Marco Imarisio prova, qui, a indagare.

Ore 7.45 – Il Donbass, spiegato da Milena Gabanelli
Nelle scorse ore, il governo russo ha chiarito di voler «concentrare» la sua attività militare per raggiungere l’obiettivo della «liberazione» del Donbass — cioè la sua completa occupazione. Ma perché la Russia vuole quella regione? E perché l’Ucraina non ha intenzione di lasciarla? C’entrano le risorse naturali, la posizione strategica e i rapporti tra Zelensky e gli oligarchi: spiega tutto Milena Gabanelli nel suo Dataroom, qui.

Ore 7.30 – Cosa sta succedendo al governo, in Italia
(Luca Angelini) Cosa sta succedendo nel governo italiano? In estrema sintesi: il Movimento 5 Stelle, partito che appartiene alla maggioranza che sostiene l’esecutivo guidato da Mario Draghi, ha espresso fortissime resistenze circa la volontà del premier di aumentare — come concordato con i partner della Nato — le spese militari per raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil. Nella giornata di ieri, Draghi ha incontrato il leader del Movimento, Giuseppe Conte, per cercare di arrivare a una sintesi: ma l’incontro è andato molto male.

«Se si mettono in discussione gli impegni assunti viene meno il patto che tiene in piedi la maggioranza», ha detto Mario Draghi: e il vertice è «finito così male — scrive Monica Guerzoni — che il premier ha ritenuto necessario salire al Quirinale e riferire a caldo, a Sergio Mattarella, quanto a rischio sia il destino del governo in un momento tragico per l’intero Occidente». (Qui i retroscena dell’incontro).

Il leader del M5S ieri sera, alla trasmissione tv DiMartedì, ha negato di voler aprire una crisi di governo. Ma, come nota Massimo Franco, «lo smarcamento gridato sull’aumento delle spese militari è un indizio della volontà di logorare e di tirare la corda a intermittenza».

Tanto che, anche nel Pd, è sempre più forte «il sospetto che i Cinque Stelle siano tentati di arginare il progressivo crollo elettorale e nei sondaggi recuperando le parole d’ordine del passato; e che il rinculo identitario prevalga su tutto».

Oggi il decreto Ucraina arriva in Aula al Senato e l’interrogativo che scuote la maggioranza è cosa faranno i 5 Stelle, se e quando Draghi porrà la fiducia.

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