Eppure in Russia un movimento anti-Putin e anti-guerra sta crescendo

di Giulia Belardelli

“In Russia c’è un movimento importante che rifiuta questa guerra, è contro la violenza e si batte contro la continua manipolazione della realtà da parte di Vladimir Putin. È un movimento trasversale, composto da giovani e meno giovani, che riguarda il centro ma anche le periferie, il mondo accademico ma non solo. È un’atmosfera, un sentimento, che include fasce sempre più ampie della popolazione, che malgrado la propaganda martellante sentono che da questa invasione non può nascere nulla di buono per loro e per il loro futuro”.

Adriano Dell’Asta, docente di Lingua e Letteratura russa all’Università Cattolica di Brescia e Milano, è in contatto costante con i suoi colleghi universitari in Russia, e si è fatto un’idea molto precisa di come una parte della società stia reagendo alla guerra di Putin.

“Tra gli intellettuali che conosco, le parole che maggiormente si sentono sono: vergogna, crimine, dolore. Sono parole che ritroviamo nelle molte petizioni contro la guerra pubblicate in questi giorni, mentre è in corso una mobilitazione – dentro e fuori la Rete – che coinvolge docenti, artisti, scrittori, programmatori informatici. È un fenomeno che non riguarda solo Mosca, San Pietroburgo o le grandi città, ma è diffuso un po’ dappertutto, anche in provincia laddove sembra che nulla si muova. Non è la maggioranza della popolazione, certo, ma è una parte importante dell’opinione pubblica russa. Ed è una parte che è destinata a crescere”.

Fin dal primo giorno dell’invasione, giovedì scorso, migliaia di manifestanti sono scesi in strada per protestare contro una guerra che definiscono “fratricida”. Le autorità hanno risposto al solito modo: arresti, arresti e ancora arresti. Secondo la ong Ovd-Info, sono quasi 5.800 le persone arrestate durante azioni contro la guerra a partire dal 24 febbraio. Alle manifestazioni di piazza si uniscono le proteste – via social e non solo – di nomi e volti noti sulla scena russa, da Oxxxymoron (uno dei rapper più famosi del Paese) a Yuri Shevchuk (frontman della rock band dell’era sovietica DDT), fino a Elena Kovalskaya (la direttrice artistica del Centro teatrale e culturale Meyerhold di Mosca, che si è dimessa in segno di protesta dopo l’invasione). E poi ci sono le “figlie di”, che hanno fatto notizia per la loro opposizione alla guerra malgrado parentele ingombranti: nomi come Yelizaveta Peskova (figlia del portavoce di Putin, Dmitri Peskov), Sofia Abramovich (figlia dell’oligarca e miliardario russo Roman Abramovich), Tatiana Yumasheva (figlia dell’ex presidente Boris Eltsin, colui che consacrò Vladimir Putin come successore). E ancora gli sportivi – come la pallavolista Ekaterina Gamova, il tennista Andrey Rublev e il calciatore Fedor Smolov – e giornalisti come Aleksandr Archangel’skij. Anche nella Duma, il parlamento russo, qualcosa si è mosso: due deputati del Partito Comunista – Mikhail Matveev e Oleg Smolin – hanno pubblicamente chiesto a Putin di fermare le ostilità.

“A esprimere la loro contrarietà a questa guerra sono anche personaggi che continuano a definirsi patriottici, che dicono: non porterei mai la bandiera di un altro Paese, ma quello che stiamo facendo non ha giustificazione”, sottolinea Dell’Asta, che invita a leggere le parole di Olga Sedakova (forse la più grande poetessa russa vivente) scritte alla vigilia dell’invasione:

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