L’asse tra Draghi e il mondo cattolico per blindare il reddito di cittadinanza

Domenico Agasso, Ilario Lombardo

La visita non è mai stata comunicata dall’agenda ufficiale del presidente del Consiglio. Segno che martedì sera Mario Draghi ha varcato le porte della comunità di Sant’Egidio a Roma con il desiderio di non trascinarsi dietro il frastuono dell’incontro più cerimoniale, che avrebbe comportato un discorso e una sintesi da consegnare alla stampa. La visita in forma «strettamente privata», come conferma Marco Impagliazzo, presidente della Comunità fondata da Andrea Riccardi e snodo di relazioni diplomatiche cruciali che le sono valse il nome di «Onu di Trastevere», acquista però un valore politico alla luce del contesto in cui si è svolto e dei temi che sono stati affrontati in due ore di colloquio. In piena manovra, mentre i partiti litigano su quale respiro finanziario dare alle misure economiche, e mentre mezza maggioranza chiede di cancellare il Reddito di cittadinanza, buona parte dell’incontro di Sant’Egidio è stato dedicato alla lotta alla povertà e alla necessità di mantenere il sussidio ideato dai 5 Stelle.

D’altra parte, Draghi continua a considerarlo uno strumento utile e importante e lo ha più volte ribadito a leader della Lega Matteo Salvini e al ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, di Forza Italia, quando hanno detto o cercato di depotenziarlo. Una posizione che si trova in perfetto asse con la Chiesa e con Sant’Egidio: «Noi siamo favorevoli – afferma Impagliazzo – A nostro avviso non è vero che chi lo percepisce poi non va a lavorare. Anche i dati americani dicono la stessa cosa su tutti coloro che hanno ricevuto sussidi». Il presidente della comunità si è detto d’accordo con l’ex banchiere anche su un altro punto: lavoro e reddito non per forza devono dipendere l’uno dall’altro. «Bisogna spingere politiche di incremento dell’occupazione, ma senza collegarle immediatamente al sussidio».

L’attenzione ai poveri
Meno di due mesi fa il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, la Conferenza episcopale italiana, auspicava che Draghi rimanesse dove la Provvidenza lo aveva voluto, e cioè a Palazzo Chigi. È naturale che anche a Sant’Egidio tutti si chiedano cosa farà, se davvero si giocherà le sue carte per il Quirinale oppure no. Nessuno, però, ha osato chiederglielo, e a quanto pare l’argomento non è stato toccato. Certo è che la sponda del mondo cattolico italiano sarà essenziale in ogni caso. La tappa a Trastevere, nel cuore di una istituzione profondamente annodata allo spirito del papato di Francesco, era «attesa da tempo», giura Impagliazzo, ma rivela l’attenzione di Draghi verso le sollecitazioni del Vaticano sulla miseria degli ultimi, che sono i poveri, i migranti, ma anche le vittime di una temperatura che sta sfuggendo al controllo dell’uomo.

Il premier li ha aggiornati sui risultati, non del tutto soddisfacenti, del G20 e della Cop26, la conferenza Onu sul clima di Glasgow. Poi, di fronte ai suoi interlocutori, da 53 anni impegnati nell’accoglienza e nell’assistenza dei migranti e nelle mediazioni di pace, Draghi ha elogiato «il modello dei corridoi umanitari», gli ultimi dei quali per i profughi che giungono dall’Etiopia e dal Nord Africa. Un tema che il presidente del Consiglio, due giorni dopo l’incontro con la Comunità, ha voluto fosse tra i quattro pilastri delle conclusioni del vertice di Parigi sulla Libia

L’Italia e la pandemia
Nel confronto di martedì però si è parlato soprattutto delle conseguenze sociali della pandemia e di come risolverle, cominciando dal «sostegno alla popolazione anziana». Draghi ha più che altro ascoltato seduto tra Riccardi e il consigliere spirituale monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, alla presenza, oltre di Impagliazzo, di Mario Giro, esperto di questioni internazionali, e Daniela Pompei, responsabile immigrazione della Comunità. Il premier era curioso anche di sapere come stavano andando le cose dal punto di vista dell’assistenza.

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