Mario Draghi “per sempre”, tam-tam a palazzo sul nuovo “partito”: ecco chi muove i fili, spuntano nomi pensantissimi

E questo per restare dentro al parlamento. Perché fuori, accanto a Confindustria e alle altre associazioni d’impresa, ci sono almeno il Vaticano, la Cisl e la Uil, e oltreconfine le cancellerie europee e il dipartimento di Stato a Washington. È il segno della forza di Draghi, ma anche della debolezza dei partiti. Enrico Letta è un leader mai nato e il suo alleato Conte pare avviato verso un declino precoce. Salvini è ridimensionato dai sondaggi e dalla divisione interna alla Lega e Giorgia Meloni, opponendosi a Draghi e al Green pass, avrà pure aumentato i consensi in certe fasce di elettori, ma si è giocata quello di tutti gli “ambienti” appena citati. Il risultato è che oggi non si vede chi, se non Draghi, possa guidare il governo dopo le elezioni. E in un sistema di obblighi (Pnrr e debito pubblico) e alleanze (Ue, Nato) al quale l’Italia deve rendere contro, non è detto che i voti, ammesso che qualcuno li abbia, bastino a risolvere il problema. 

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