Il “momento” che l’Europa sta perdendo Il “momento” che l’Europa sta perdendo

Massimo Giannini

Il “momento” che l’Europa sta perdendo

C’è un “Momento Europa”, e lo stiamo perdendo. Il Nuovo Disordine Mondiale suggerirebbe uno scatto, un sussulto, un’assunzione di responsabilità delle nostre classi dirigenti. Nel mesto ventennale dell’attacco alle Torri Gemelle l’America non trova le parole per capire, per spiegare, per convincere. L’ironia della Storia vuole che il giorno del ricordo a Ground Zero, dove i newyorkesi commemorano in silenzio la tragedia nella luce scintillante della Freedom Tower, coincida col giorno del disonore a Kabul, dove i Talebani festeggiano a colpi di kalashnikov la disfatta di Enduring Freedom. Paul Auster ricorda i sei trilioni di dollari buttati al vento per due guerre che nessuno allora immaginò di dover fare, gli oltre 800 mila morti civili, e poi le torture, Abu Ghraib, Guantanamo. André Aciman osserva il Memorial Plaza e dice «le nostre cicatrici sono diventate un’attrazione turistica».

Domenico Quirico rammenta che la feroce intuizione del capo di Al Qaeda, rendere permanente la nostra paura, ha purtroppo funzionato. Sul New York Times Michelle Goldberg racconta i diversi motivi che dimostrano perché «Bin Laden ha vinto». Il Financial Times scrive che «la guerra al terrore ha cambiato, ma non sconfitto il terrorismo islamico». The Economist ragiona sul perché «l’America ha sprecato il suo momento unipolare» di nazione indispensabile. Le Monde, descrivendo la prima udienza del processo al carnefice del Bataclan, sottolinea che l’unica risposta delle democrazie alla sfida della violenza terroristica è «il diritto, solo il diritto». Joe Biden non pare in grado di riempire il «cielo vuoto» dell’America che a suo tempo cantò Bruce Springsteen. Ma è triste dirlo: anche il cielo d’Europa non è poi così pieno.

La risposta al dramma afgano è un misto di velleità e retorica. Al di là delle parole, il G20 allargato e anticipato proposto giustamente da Draghi non trova grandi sponde, e non solo dalle parti di Mosca, Ankara e Pechino. Anche nell’Unione le cancellerie balbettano, complici le legislative tedesche di ottobre e le presidenziali francesi di maggio. Il progetto di Difesa Comune langue, nonostante gli appelli accorati del presidente Mattarella e gli inviti affannati dell’Alto Commissario Borrell. Sul fronte geostrategico di opzioni credibili in quell’area non ne abbiamo, al di là di una posticcia rimasticatura della Dottrina Truman: un fumoso “containment”, stavolta in funzione anti-cinese. Sul fronte umanitario, al di là dello slancio solidale che ha animato le prime evacuazioni dei profughi dall’aeroporto di Kabul, siamo fermi all’indolente postura della Dottrina Bonino: un neghittoso «aiutiamoli vicino al casa loro». E questo è tutto.

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