Vaccino ai nonni e non ai bambini. Si rischia l’autunno nero e il tragico conteggio dei decessi

Franco Bechis

Ci sono solo tre posti al mondo dove qualcuno sa o saprà in tempi brevi quale protezione dal Covid 19 e dalle sue varianti ha la vaccinazione completa dopo 9 o 12 mesi dalla seconda dose. Sono i quartieri generali di Pfizer, di Moderna e di AstraZeneca. Pfizer ha svelato il primo aprile scorso che a sei mesi di distanza la protezione ancora esiste, ma si riduce e che più o meno scende del 6% ogni due mesi. Lo studio è stato messo a disposizione solo il 28 luglio con la pubblicazione sintetica su Medrixv, quasi in contemporanea con l’annuncio del colosso farmaceutico americano della necessità di aggiungere una terza dose di vaccino dopo il sesto mese dalla seconda. Può essere che Pfizer spinga sull’acceleratore per ovvie ragioni commerciali: i vaccini Covid rappresentano oggi quasi un terzo del fatturato dell’azienda, ma è possibile anche che i dati in loro possesso evidenzino una caduta sensibile della protezione dal virus con il tempo. La cosa che non si capisce è perché Ema, Fda e le autorità regolatorie indipendenti non chiedano quei dati anche in forma grezza, perché da loro dipendono tutte le politiche sanitarie dei vari Paesi. Anche quelle italiane, che avrebbero bisogno di conoscere quei dati come il pane. Pfizer e le altre aziende che hanno prodotto i vaccini per il Coronavirus hanno iniziato infatti le loro sperimentazioni sui volontari che si erano offerti in tutto il mondo circa un anno fa. Pfizer iniziò il trial che ha consentito poi l’autorizzazione provvisoria al vaccino Comirnaty il 29 aprile 2020, e davanti alle autorità regolatorie di tutto il mondo si è impegnata a seguire clinicamente il campione per almeno un biennio dopo l’inoculazione della seconda dose di vaccino. La protezione dal virus su quel gruppo è un dato fondamentale per capire come proseguire la campagna di vaccinazione italiana come quella degli altri Paesi del mondo e ovviamente anche per capire come modulare gli acquisti fatti oggi a livello europeo. In Italia oggi sono esplose polemiche anche accese sulla vaccinazione degli adolescenti e financo dei bambini, visto che Pfizer è ormai autorizzato anche al di sopra dei 12 anni. Ma è possibile e addirittura probabile che le dosi servano di più a rimettere in sicurezza quella parte della popolazione più fragile con cui il virus ha letalità molto alta.

RICHIAMO DOPO SEI MESI – Fosse provata la caduta della immunità dopo il sesto mese, da fine settembre sarebbe necessario tornare a vaccinare chi ha più di 80 anni con la terza dose invece di andare all’assalto dei più piccoli con tutta la resistenza che ci sarebbe anche da parte di molte famiglie. Al 31 marzo scorso già 1,4 milioni di ultraottantenni aveva compiuto la piena vaccinazione, che era iniziata a fine gennaio per quella fascia di età. I sei mesi scadrebbero appunto a settembre. Ma con l’arrivo al comando della campagna del generale Francesco Paolo Figliuolo il ritmo delle vaccinazioni si è alzato proprio in quel periodo. Così a fine aprile erano 2,8 milioni gli ultraottantenni che avevano ricevuto le due dosi di Pfizer o Moderna. Quindi per 1,4 milioni di loro i sei mesi scadranno a ottobre. E a ruota stesso tema sugli ultrasettantenni, sugli over 60 e sugli over 50. Se ha ragione Pfizer e non si provvede in tempo a cambiare la campagna vaccinale con la Delta che comanda (e la Delta plus in arrivo dall’India) l’Italia rischia un nuovo autunno nero e il tragico conteggio dei decessi dell’anno scorso. L’urgenza di prendere una decisione sulla terza dose è alta, perché è indubbio dai dati della pandemia la necessità di proteggere quelle fasce di età piuttosto che andare a inseguire i ragazzini come ci si appresta a fare.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.