Le banche più forti col salvataggio Montepaschi

Mario Deaglio

Con il “via libera” del Consiglio dei ministri, ha preso ufficialmente l’avvio la riforma della giustizia, un processo fondamentale per il rilancio dell’Italia che ha messo in seria difficoltà la tenuta del governo. Parallelamente a questa riforma altamente visibile e fortemente discussa, si è compiuto un passo fondamentale in una riforma di fatto, non esplicitamente menzionata nel Pnrr che non richiede una luce verde iniziale ma piuttosto una serie di azioni coordinate in un contesto di norme già esistenti e che potrebbe rivelarsi fondamentale per la riuscita del Pnrr stesso.

Anche qui non sono mancate le polemiche, come si vedrà più avanti, ma di portata più limitata. Di che cosa si tratta? Di un passo ulteriore nell’evoluzione del sistema bancario italiano, che ha assorbito le due crisi degli ultimi anni – quella finanziaria iniziata nel 2008 e quella pandemica ancora in corso – riducendo il numero degli sportelli e dei dipendenti di circa un terzo, senza creare disoccupati e il numero delle banche da quasi 800 a poco meno di 500. Non solo: il sistema bancario italiano è già oggi – con il suo intervento nei meccanismi dei “ristori” e in quelli della ripartenza edilizia – e dovrà essere ancora di più in futuro, un perno essenziale per il salvataggio e il rilancio dell’economia del Paese. Tutto ciò è dovuto prima di tutto alle rivoluzioni tecnologiche: l’attività bancaria è sicuramente tra quelle toccate in maggiore profondità dalle nuove tecnologie elettroniche e nelle quali il processo organizzativo è maggiormente cambiato e destinato a cambiare ancora nel corso dei prossimi anni. Transazioni che richiedevano lunghe code agli sportelli si possono oggi svolgere tranquillamente a distanza. Le perdite che le due crisi hanno comportato sono state assorbite dalla grande maggioranza degli istituti di credito con le loro risorse interne, con il sacrificio dei dividendi e senza aiuti pubblici, molto più frequenti in altri Paesi europei.

Insomma, si può dire che il settore si è in gran parte “riformato” da sé sotto la supervisione europea, di concerto con le autorità bancarie nazionali. Tutto ciò ha una notevole eccezione: il Monte dei Paschi di Siena, unico tra i grandi istituti bancari del Paese ad aver richiesto un intervento pubblico importante che l’ha portato a essere controllato dal ministero dell’Economia. Quasi nello stesso momento in cui il governo ha varato la riforma della Giustizia, hanno preso il via le trattative tra il ministero dell’Economia e UniCredit per la vendita a quest’ultimo di gran parte delle attività di Monte dei Paschi, secondo un “perimetro accuratamente definito”.

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