Biden, il G7, la sfida alla Cina. E non sono solo proclami

di Franco Venturini

Tre anni fa Donald Trump sbarcò in Europa agitando la bandiera dell’America First, e tutti capirono che il concetto di Occidente era diventato un ricordo sotto i colpi del suo anti-europeismo, della sua indifferenza ambientale e dei suoi sistematici dissensi con gli alleati su Nato, Medio Oriente, trattati strategici e Iran. Il viaggio di Joe Biden, che si è aperto ieri in Cornovaglia con il G-7 e che lo porterà subito dopo al vertice atlantico di Bruxelles e ai colloqui con l’Unione europea prima di vedere Putin a Ginevra, ha una ragione politica molto semplice: vuole essere il contrario esatto della non rimpianta visita di Trump.

All’America di Biden non basta ricucire, riabbracciare gli alleati storici degli Stati Uniti dalla fine della Seconda guerra mondiale. Vuole, il nuovo inquilino della Casa Bianca, far nascere un fronte compatto attorno ai valori delle «democrazie liberali» smentendo i propagandisti delle cosiddette «democrazie illiberali», vuole definire una linea di fermezza collettiva verso chi democratico non è (il pensiero vola alla Cina e alla Russia), è deciso a chiudere i contenziosi economico-commerciali che Trump aveva aperto con gli alleati di questa sponda, non auspica la disgregazione europea ma al contrario una presa di coscienza comune contro risorgenti nazionalismi. In una parola, Biden è qui per rifondare l’Occidente e tracciare i suoi nuovi orizzonti.

Non arriva a mani vuote e carico soltanto di proclami, il ritrovato socio americano. Accusati di egoismo nella lotta alla pandemia del Covid-19, gli Usa propongono all’Europa di utilizzare un miliardo di dosi per vaccinare quelle popolazioni meno fortunate che potrebbero nel prossimo futuro diventare fonti di varianti e di contagi. Sono in via di archiviazione le ripicche tariffarie tra le due sponde dell’A-tlantico e dovrebbero trovare pace persino le ultradecennali diatribe tra Boeing e Airbus. Le sanzioni che colpivano il gasdotto North Stream 2 sono state in parte revocate, una mano tesa alla Germania prima che a Putin. Le rivelazioni recenti sullo spionaggio che la Nsa americana esercitava su leader politici europei con la sospetta passività della Danimarca potrebbero essere superate con un accordo Usa-Ue sullo scambio dei dati digitali. E gli europei? Gli europei apprezzano moltissimo che il presidente li consulti e li ascolti prima di vedere Putin. Sono felici del suo impegno ambientalista. Approvano senza riserve il prolungamento in extremis del trattato per la limitazione degli arsenali nucleari New Start, anche se in casa loro sono orfani di quel Inf che vietava gli euromissili e che Trump ha mandato al macero. Sperano, gli europei come Biden, che i talebani non prendano Kabul troppo presto trasformando una guerra persa in un fardello politico e morale. E sperano ancora, gli europei, che gli accordi di Vienna 2015 contro il nucleare iraniano possano essere riattivati malgrado i negoziati riprendano oggi in un clima di perdurante incertezza. Lo sperano come Biden, e contro l’abbandono di Trump.

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