La svolta al centro del Capitano

Giovanni Orsina

È ancora difficile, oggi, sapere per certo se la «convergenza» fra la Lega e Forza Italia accadrà davvero e, se lo farà, che forma prenderà esattamente. Un accordo di cooperazione politica non è una federazione, una federazione non è un partito unico: i dettagli restano fondamentali. È possibile tuttavia cominciare per lo meno a ragionare sia sui vantaggi che un’operazione del genere porterebbe a chi la compie, sia sulle sue controindicazioni. Partiamo da Silvio Berlusconi.

Gli interessi del Cavaliere in questo caso potrebbero non coincidere del tutto con quelli del suo partito. Berlusconi si è sempre pensato come il federatore – anzi: il fondatore – del centro destra, e ne ha sempre sostenuto l’unità. Certo, quell’unità doveva essere funzionale alla sua leadership. Però, come dimostrano negli anni le infinite discussioni su chi potesse succedergli e la lunga teoria di delfini sventurati, il problema dell’eredità non ha mancato di porselo. Può darsi abbia deciso che il delfino glielo ha infine selezionato la storia, e che a questo punto vale la pena accettare il ruolo del padre nobile. Che per altro, nel suo caso, è difficile sia meramente simbolico. In quest’operazione c’è qualcosa anche per il suo partito, a ogni modo: la possibilità di sopravvivere, in una forma o nell’altra, a prescindere dalla forza politica del fondatore.

Matteo Salvini potrebbe guadagnare innanzitutto un gruzzolo non irrilevante di voti. Sufficienti, magari, a tenere Giorgia Meloni a distanza di sicurezza. Ancora di più, però, guadagnerebbe legittimazione, percorrendo la seconda tappa nel giro di tre mesi, dopo la decisione di sostenere Draghi, fuori dal recinto populista e verso il centro di governo. Di legittimazione, poi, ne guadagnerebbe ancora di più (ma qui il condizionale è più che mai necessario) se la mossa italiana dovesse eventualmente implicarne pure una continentale, ovvero se l’accordo con Forza Italia preludesse a un avvicinamento al Partito popolare europeo. Infine, in accoppiata con Forza Italia la Lega potrebbe a maggior ragione proporsi come il partito dell’Italia imprenditoriale e produttiva. Muovendosi insieme, Salvini e Berlusconi acquisterebbero non poco peso politico. La maggioranza di governo ne verrebbe sbilanciata verso destra, e così, giocoforza, anche Mario Draghi. Tanto più se Conte dovesse portare una parte del Movimento 5 Stelle all’opposizione, una possibilità della quale pure si vocifera. Il Partito democratico si troverebbe in difficoltà più di quanto già non sia. Meloni perderebbe almeno per un po’ l’iniziativa politica e l’attenzione mediatica, e potrebbe veder sfumare il sogno, fattosi da ultimo molto concreto, che Fratelli d’Italia diventi il primo partito della coalizione di destra e d’Italia. E tutto questo, per giunta, mentre all’orizzonte prende sempre più forma il Grande Gioco per il Quirinale.

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