La Povera patria di Battiato, «ma l’Italia rinascerà, lo capisco dai miei concerti»

E lei? «Io sono un proletario dello spirito. Non mi piace comandare, e non mi piace essere comandato». L’autore di Prospettiva Nevski – canzone di commovente bellezza ispirata alla “grazia innaturale di Nižinskij”, il più grande ballerino di ogni tempo finito in manicomio con l’ossessione di cadere danzando nella botola del palcoscenico, di cui si era innamorato “perdutamente” l’impresario dei balletti russi Diaghilev; una canzone che stamattina non si può ascoltare senza piangere – fece anche film e trasmissioni tv da titoli non esattamente pop, come “Musikanten” – dedicato a Beethoven, finisce con un incubo, un golpe planetario voluto da “una cordata di nazioni guidata dagli Stati Uniti, con al fianco l’Italia, che fondano il partito democratico mondiale” – e “Bitte keine réclame”, serie di interviste a mistici e maestri, tra cui Michelle Thomasson, moglie di Henri, l’uomo della sua iniziazione.

Volle imparare a dipingere: ritratti di amici, tra cui Roberto Calasso, su fondo oro. «Il pittore inglese Spencer Hodge mi insegnò a raffigurare le nuvole. Quando ho imparato, ho smesso». Suonò per gli iracheni nel 1992, dopo la prima guerra del Golfo, cantando “L’ombra della luce” in arabo (“Alla fine sollevai lo sguardo sulle prime file. Lacrimavano tutti”). Era convinto che le bombe nei mercati di Baghdad le mettessero gli americani. Però esecrava Saddam: «Non è un vero musulmano. L’ho capito dal modo sbagliato con cui si inginocchiava». Suonò anche per Papa Wojtyla. Ratzinger gli stava simpatico: «Mille volte meglio la messa in latino di certe schitarrate in chiesa».

La sua religiosità non era riducibile a una religione. Credeva nella reincarnazione, anzi, ne aveva certezza «per via sperimentale. Ma non sono cose che si spiegano. Diciamo che attraverso i sogni si possono ritrovare atmosfere, luci; una stanza, una scrivania…». Pensava si potesse cadere nel regno animale, o innalzarsi al di sopra del ciclo delle rinascite. «Il cattolicesimo nega la reincarnazione, ma è un’impostura posteriore. Origene ci credeva, come i primi cristiani. E sono convinto che non solo gli hindu e i tibetani ma anche i mistici occidentali, san Francesco, San Filippo Neri, san Giovanni della Croce, santa Teresa d’Avila, ne fossero consapevoli. Come Pitagora, Empedocle, Archimede…». La magia invece non lo interessava. Meditava due volte al giorno ed era vegetariano: «Fin da quando avevo due anni non potevo accostarmi alla carne. Qualche volta ho mangiato pesce, ma poi la notte ho sognato di essere divenuto un pesce anch’io». A volte scherzava delle sue ricerche: «Secondo i saggi armeni l’essenza di ogni uomo è impressa nella sua carne, nel suo volto. Come dimostra l’onorevole La Russa».

Credeva negli angeli e in altri “dei intermedi”, al di sotto del Dio comune alle varie religioni. Credeva anche al diavolo, che «è mancino, subdolo, e suona il violino». Anche Franco era mancino da piccolo: «In Sicilia lo consideravano un segno diabolico. Così mi legarono la mano sinistra per costringermi a usare la destra. Con una sciarpa di seta, però». Non credeva in Darwin: «Ha scritto sciocchezze. Ha mai visto una scimmia diventare uomo? Penso che la materia sia nata per manifestazione della mente. La coscienza come primo principio dell’essere umano. Quando un uomo comincia a prendere coscienza della propria esistenza, si ribalta tutto. Allora hai la visione perfetta di quel che sei». Scrisse una canzone molto amata, “La cura”, e un giorno chiarì che non si riferiva né al proprio corpo, né alla propria anima, ma all’anima della persona amata. Non chiariva però chi lui amasse: «I miei amici sono gli alberi, le piante, le rose, le nuvole…».

Una volta in una tv locale per metterlo in imbarazzo gli chiesero di cantare una canzone popolare siciliana, “Vitti una crozza”; lui ne intonò una versione stupenda e straziante, la storia di un vecchio giunto ai confini con la morte, sulla soglia dello spavento assoluto. Della morte lui però non aveva paura. «Tornerò nella mia casa d’origine, dov’ero prima di venire sulla terra». E non era neppure pessimista sul nostro futuro: «Sono convinto che anche l’Italia rinascerà. Lo capisco dai miei concerti, dal silenzio assoluto con cui la gente ascolta le canzoni mistiche. Sono convinto che sapremo andare oltre la corruzione, gli scandali, la dittatura del denaro, l’egemonia delle cose materiali. Lo Spirito avrà la sua rivincita. Comincerà presto un’epoca in cui saranno più importanti lo spirito, la bellezza, la cultura. Che sono poi le grandi ricchezze del nostro Paese». Franco Battiato era forse davvero un pazzo, ma un pazzo di Dio. Di sicuro, Franco Battiato era un genio.

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