La Guardia costiera libica spara a due pescherecci italiani: un ferito

di Lorenzo Cremonesi

I guardia coste libici sparano verso i pescherecci italiani al largo della Tripolitania. Nel corso dell’incidente è rimasto ferito ad un braccio il comandante del peschereccio Aliseo. Le notizie sono ancora molto confuse e necessitano di verifica. Se però fosse vero che i Guardia Coste libici hanno utilizzato la barca Obari, donata e assistita dall’Italia negli ultimi anni nel contesto del programma di impegno comune nella lotta all’immigrazione clandestina, per sparare contro i pescherecci allora è evidente che le relazioni italo-libiche subirebbero un colpo grave.

Cosa sappiamo

Al momento ciò che abbiamo potuto appurare è che una mezza dozzina di pescherecci, la maggioranza facente capo al porto di Mazara Del Vallo, si trovavano a circa 35 miglia dal porto di Al Khums quando sono stati avvicinati dalla guardia costiera libica. Da Tripoli i loro comandi negano vi siano stati spari contro i navigli italiani. I comandi della Marina Militare italiana raccontano che la fregata Libeccio, impegnata nell’operazione Mare Sicuro, «è intervenuta nelle prime ore pomeridiane per assistere in particolare 3 pescherecci italiani (Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo) intenti in attività di pesca nelle acque della Tripolitania all’interno della zona definita dal Comitato di Coordinamento Interministeriale per la Sicurezza dei Trasporti “ad alto rischio”». Il comunicato specifica che l’intervento si è reso necessario a causa della presenza della Guardia Costiera libica in rapido avvicinamento. Dalla Libeccio è subito partito un elicottero, il quale ha preso contatto radio con gli equipaggi dei pescherecci. Sul luogo è poi giunto anche un velivolo di ricognizione militare P-72. Secondo fonti libiche, sarebbero in corso trattative tra l’ambasciata italiana a Tripoli e le autorità locali. Va aggiunto che i contatti sono facilitati dalle buone relazioni tra il governo italiano e quello nuovo di unità nazionale a Tripoli. Una situazione dunque diversa dalla crisi che si venne a creare con Khalifa Haftar in Cirenaica l’autunno scorso con il lungo sequestro di due pescherecci e 18 marinai.

I precedenti

Ma la controversia suoi diritti di pesca è di lunga data. Nel 2005 infatti l’allora leader libico Muammar Gheddafi decise di allargare unilateralmente l’esclusività dell’«area economica di pesca» a 74 miglia, ben oltre le 12 miglia delle acque territoriali previste dai trattati internazionali. Da allora i pescherecci italiani si vedono negati gli accessi alle aree più pescose del Canale di Sicilia e delle zone a sud di Pantelleria, dove tradizionalmente trovavano il pregiato «gambero rosso». Negli accordi Gheddafi-Berlusconi del 2008 la questione non venne affrontata. E fonti diplomatiche libiche imputano proprio ad allora la causa della nascita del nuovo status quo in un Mediterraneo dove, comunque, diversi Paesi rivieraschi hanno via via imposto i loro diritti esclusivi oltre le tradizionali 12 miglia. Dopo il rovesciamento violento del regime di Gheddafi nel 2011 si era cercato di affrontare il tema. Ma nel 2013 il rapido deterioramento nello scontro tribale armato aveva bloccato i negoziati. Da allora i comandi italiani sconsigliano vivamente i pescherecci di superare le 74 miglia imposte dai libici. Gli annunci pubblici in questo senso sono continui, ma vengono spesso ignorati dai pescherecci.

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