Incognita variante indiana

“Andrei molto cauto”. Le parole del capo del Cts, Franco Locatelli, riassumono un po’ le considerazioni che gli scienziati hanno espresso, dati alla mano, riguardo la variante indiana che sta travolgendo il sistema sanitario indiano. Sulla possibilità che la variante possa sfuggire alla copertura vaccinale, Locatelli frena: “Non ci sono dati che supportino questa tesi”. Allora, meglio “non creare allarmismi”. Certo, questo non svincola dalla necessità di approfondire il tema, perché “ci sono aspetti che devono essere chiariti”, ad iniziare dalla contagiosità e dalla letalità. Per questo, la decisione del ministro Roberto Speranza di vietare l’ingresso a chi arriva dall’India nelle ultime due settimane deve essere letta in via precauzionale: come lui, anche Nuova Zelanda, Hong Kong, Stati Uniti e Regno Unito hanno preferito bloccare i voli.

“Non è il momento di abbassare la guardia”, ha ricordato Speranza giustificato dai numeri: “Venerdì è stato il giorno record per casi a livello mondiale con 893.000 positivi di cui 346.000 proprio in India”. Nel Paese, negli ultimi dieci giorni si sono contati più di 200mila casi di media al giorno. Il numero dei morti, 2mila al dì, non può esser stabilito con certezza, perché gli oltre 190mila registrati fino ad oggi potrebbero nasconderne molti di più, specie nelle aree rurali dove è difficile tenere il tracciamento. Fatto sta che, nel secondo paese più popoloso al mondo che ogni giorno macina record negativi tra contagi e decessi, sedici milioni e mezzo di cittadini sono stati infettati dal Covid-19 e nelle ultime settimane l’allerta è massima. Complice, appunto, quella B.1.617.

Il 24 marzo, il ministero della Salute indiano ha riferito che il 15-20% della variante indiana (scoperta a inizio ottobre) sequenziata nello Stato del Maharashtra dove si trova Mumbai, mostrava due mutazioni genetiche, E484Q e L425R, che nei giorni a seguire è stata ritrovata nel 60% dei casi, così come anche a Delhi e nel Bengala occidentale. Attualmente non sembrerebbe esser la variante dominante nel Paese, un primato che spetta a quella proveniente dal Kent, il 60% più trasmissibile. Il sequenziamento genomico effettuato Regno Unito (che conta un centinaio di casi) ha dimostrato come la variante indiana sia aumentata dallo 0,2% all′1% dei casi in due settimane dal 20 marzo, ma viene ritenuto che la maggior parte dei casi siano di importazione. 

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