L’indipendenza dell’ex burocrate

Federico Geremicca

Col passar delle settimane, si va profilando con sempre maggior chiarezza l’elemento che fa di Mario Draghi – nonostante la pesante emergenza economico-sanitaria e le tante traversie – un premier tuttora “forte”. C’entrano, naturalmente, l’autorevolezza e il credito internazionale conquistati sul campo. Ma a pesare è soprattutto (e sempre più) la sua assoluta – e quasi naturale, diremmo – indipendenza dai partiti. Intendiamo da tutti i partiti. E il breve discorso tenuto ieri nella ricorrenza del 25 aprile, in fondo lo conferma.

Un discorso onesto. Nessuna tentazione di letture storiche originali. Pochissima retorica. Nessun volo pindarico. E colpisce, infatti, che a far titolo sui giornali (ma a buona ragione) siano affermazioni tanto condivisibili e sensate da sembrar perfino scontate, banali. Dice Draghi: ai tempi del fascismo e poi della Resistenza “dobbiamo ricordarci che non fummo tutti, noi italiani, «brava gente»…”. E aggiunge: di fronte a quell’orrore “non scegliere è immorale”. La conclusione è netta: “Constatiamo con preoccupazione l’appannarsi dei confini che la storia ha tracciato tra democrazie e regimi autoritari, qualche volta persino tra vittime e carnefici”. C’è qualcuna di queste affermazioni che possa esser seriamente contestata? Oppure qualcuno che, in tutta onestà, se ne possa sentire offeso? Eppure, in un Paese ormai diviso su tutto, nel quale ogni questione – dalle pensioni ai bonus, passando per i coprifuoco – si trasforma in cosa di destra o di sinistra, in un Paese così – dicevamo – nessun premier politico alla guida di una così eterogenea coalizione avrebbe potuto tenere l’onesto discorso di Draghi senza rischiare la crisi di governo in 24 ore. Gli italiani non sono “brava gente”? avrebbero attaccato i patrioti-sovranisti. E da sinistra forse avrebbero insistito: presidente, lo dica che è la destra a non distinguere più tra “democrazie e regimi autoritari”. Ne sarebbe inevitabilmente partita l’abituale zuffa. L’abituale e inutile zuffa.

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