L’Aquila, fine della ricostruzione: una casa su 6 è ancora in macerie

di Stefano Dascoli

Dentro o fuori: chi entro il 30 settembre non presenterà la richiesta di contributo, corredata almeno dalla prima parte del progetto, o chi non completerà la domanda dopo le mille sollecitazioni, perderà i soldi per la ricostruzione. La rinascita dell’Aquila, distrutta dal sisma di dodici anni fa, è all’ultimo bivio. Se non interverranno proroghe o correttivi (la norma di riferimento è il decreto 183 del 2020, da poco convertito in legge, lo scorso febbraio), il 15 per cento del patrimonio privato, ovvero una casa su sei, resterà danneggiato o, peggio, distrutto. Una possibile beffa nella beffa visto che i fondi per completare la rinascita, circa 4 miliardi, sono stati stanziati. Proprietari e tecnici sono in fibrillazione: sono 640 le pratiche, delle 970 che mancano a chiudere la ricostruzione del cuore della città, ancora impantanate. Il titolare dell’Ufficio speciale della ricostruzione, Salvo Provenzano, fratello dell’ex ministro Giuseppe, ha lanciato l’allarme: «Così non si possono fare previsioni serie sui tempi di chiusura».

L’AUDITORIUM
Il dodicesimo, questo, è l’anniversario del redde rationem, dunque. L’auditorium da 6 milioni di euro, regalato da Renzo Piano e dalla provincia di Trento dopo la tragedia, sta ormai ingiallendo. Il legno colorato marcisce e serviranno 350 mila euro che al momento non ci sono per riportarlo allo splendore che fu. L’unico vero intervento che ha segnato una discontinuità nel post terremoto, per il resto ostaggio quasi maniacale del com’era e dov’era, fotografa lo scorrere inesorabile del tempo. Sono trascorsi già 12 anni da quel 6 aprile del 2009, da quando L’Aquila e 56 comuni abruzzesi furono colpiti a morte da un terremoto di magnitudo 6.3 della scala Richter che causò 309 vittime.

Ci ha pensato la pandemia a privare la comunità anche di quel momento di collettiva immersione nella preghiera che era la fiaccolata notturna, finendo per reprimere anche quel rigurgito di speranza che sembrava poter tracimare da un momento all’altro nei vicoli e nelle piazze del centro storico: in tanti hanno scommesso sul rientro in questi palazzi a cui i restauri hanno restituito una bellezza persino sfavillante, ma il virus ha interrotto il grosso di questo processo di riappropriazione. Certo, i coraggiosi non mancano. A metà aprile tornerà negli storici locali l’ottica Genitti, da 57 anni lungo il Corso. E tanti sono pronti a seguire questo esempio.

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