Vaccini, fallita l’immunità in estate: l’Italia al 30 giugno sarà appena al 57%

di Francesco Malfetano e Gabriele Rosana

«L’obiettivo è vaccinare il 70% degli europei entro luglio». Ormai da giorni questo è il mantra della Commissione europea e soprattutto di Thierry Breton, commissario Ue al Mercato interno e capo della task force sui vaccini anti Covid. Tuttavia, a poco meno di 4 mesi dall’orizzonte temporale prefissato, questo è già un miraggio. A ridimensionare quelle che ora appaiono come poco più di dichiarazioni ottimistiche è un documento interno condiviso fra i rappresentanti degli Stati membri. 

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LA BOZZA
Secondo le proiezioni contenute in una bozza circolata appena prima di Pasqua durante l’ultimo Coreper – la riunione a porte chiuse dei rappresentanti permanenti dei governi a Bruxelles – e diffuse da Bloomberg, solo il 55% dei cittadini Ue sarà vaccinato entro giugno, cioè entro la fine del trimestre appena iniziato. 
Malta (93,1%) e Danimarca (quasi 80%) sono gli unici due Paesi sopra la soglia, in tutti gli altri Stati il tasso di vaccinazione si attesta in una forbice tra il 50% e il 60% e senza alcune certezza che le fiale indicate come «disponibili» vengano effettivamente consegnate.

L’Italia è nel gruppo di mezzo, alle spalle (pur se di poco) di Francia e Spagna, con una previsione del 57,14% di vaccinati, parità assoluta con Romania e Grecia. 

A spiegare il divario fra i Paesi sono le scelte compiute da ciascun governo al momento del pre-acquisto delle dosi incluse nel pacchetto Ue (scelte – è bene ricordarlo – fatte prima dell’avvio della campagna vaccinale e prima che esplodesse il caos ritardi nelle forniture). I ritardi accumulati da AstraZeneca, che nel primo trimestre ha consegnato il 25% di quanto promesso, hanno quindi un impatto maggiore sulle stime di vaccinazione di quei Paesi che avevano puntato principalmente sul preparato della compagnia anglo-svedese (più economico, oltre che più semplice da conservare), anziché sulle dosi più costose e di difficile conservazione di Pfizer-BioNTech.

È proprio per questo infatti, che al centro del tavolo da cui poi è trapelato il dossier, c’era un tentativo di redistribuire 3 dei 10 milioni di dosi aggiuntive acquistate dalla Ue da Pfizer ai paesi più penalizzati (Bulgaria, Croazia, Slovacchia, Lettonia ed Estonia, mentre l’Austria ne è rimasta esclusa). Un passaggio che, secondo il premier portoghese António Costa – presidente di turno del Consiglio Ue – consentirà di avere almeno il 45% degli adulti vaccinati entro giugno in ogni Stato dell’Ue. Insomma, un’ulteriore conferma, a conti fatti, che l’obiettivo 70% sotto il sole di luglio è, in realtà, un miraggio.

RITARDO
Un ritardo quasi endemico per il Vecchio Continente, che ora potrebbe anche dover fare i conti con un ulteriore stop. Non è infatti chiaro che ripercussioni possa avere in Europa l’incidente verificatosi negli Stati Uniti a febbraio scorso (ma reso noto solo pochi giorni fa) all’interno di un impianto di produzione di Johnson&Johnson. In particolare c’è il timore che l’annunciato arrivo delle prime dosi J&J per il 19 aprile (per l’Italia saranno 400mila secondo il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri) slitti, sia un unicum o, peggio, diventi solo simbolico proprio in ragione dell’incidente di Baltimora. L’errore umano che secondo le autorità a stelle e strisce avrebbe causato la perdita di 15 milioni di dosi, pare abbia anche rallentato di molto il sito produttivo. Impianto che peraltro produce anche vaccini AstraZeneca. 

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