Vaccino Covid, Curcio: «Un hotspot in ogni città. In campo 200mila volontari per aiutare le Regioni»

di Fiorenza Sarzanini

«Arriveremo a 500mila vaccini al giorno e a quel punto nessuno potrà rimanere indietro nella somministrazione. Noi siamo pronti a sostenere le Regioni, entro fine anno dobbiamo riprendere la nostra vita migliore». Nel suo ufficio nella sede centrale della protezione civile Fabrizio Curcio parla per la prima volta della missione anti Covid 19, certamente una delle più impegnative.

Lei ha gestito le emergenze causate da terremoti, alluvioni, tsunami. Perché questa è così difficile?
«Nessun Paese era preparato alla pandemia, è difficile perché riguarda l’Italia intera, coinvolge tutti i cittadini».

Siamo in ritardo?
«Le mancate consegne hanno certamente provocato un rallentamento, ma stiamo recuperando bene. Entro la fine del mese arriveranno 4 milioni e mezzo di dosi. Adesso stiamo vaccinando 200mila persone al giorno, a regime dobbiamo arrivare a 500mila. Come ha detto il commissario Figliuolo, se le case farmaceutiche rispetteranno le scadenze a fine giugno ce la faremo».

Che cosa contestate alle Regioni?
«È necessario maggiore coordinamento e condividere gli obiettivi pur mantenendo la diversificazione per territorio. E seguire le indicazioni contenute nel piano. Ora che si finirà di vaccinare gli ultra ottantenni, le categorie fragili, i docenti, le forze armate, di polizia e di protezione civile bisogna tornare alle fasce di età. L’unico criterio deve essere questo».

Però bisogna fare i conti con i cittadini che rifiutano AstraZeneca e con la carenza di scorte.
«Molte Regioni hanno utilizzato l’80% delle scorte e questo è un grande risultato, ma io non credo proprio che la maggior parte delle persone stia rifiutando il vaccino. È la nostra salvezza, la vera via d’uscita dall’emergenza. Abbiamo ancora 500 morti al giorno, è bene tenerlo a mente».

Lei lo ha fatto per questo?
«Avevo deciso di essere l’ultimo tra i miei colleghi perché così fa chi guida una squadra, quando mi sono reso conto che la mia scelta poteva essere male interpretata sono andato subito. AstraZeneca è stato definito dalle agenzie regolatorie vaccino sicuro. Va fatto».

Ora si torna alle fasce di età, temete che alcuni governatori possano procedere in maniera diversa?
«Non è possibile. Quando AstraZeneca veniva somministrato con alcune limitazioni per fasce di età il piano è stato variato inserendo i servizi essenziali e ogni regione ha deciso per sè. Dall’11 marzo tutto è cambiato. Lo prevede il decreto in vigore condiviso con i Governatori. Procedere per categorie non va bene, causa problemi».

Si riferisce ai furbi che passano avanti?
«Se bisogna chiudere una coda – per esempio per gli insegnanti – va bene. Ma che non diventi saltare la fila. Procedere per anno di nascita è l’unico criterio oggettivo».

Quali Regioni stanno peggio?
«Le Regioni hanno usato criteri differenti tra loro e questo ha generato disomogeneità sul territorio, differenze che presto saranno superate. Ma io vorrei che uscissimo dal paradigma che vede buoni e cattivi, le Regioni devono poter contare su di noi. Questa è una battaglia che si vince solo se Stato e territorio lavorano insieme».

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