AstraZeneca, i numeri che mancano per valutare l’emergenza

Ed eccoci al punto cruciale: come si fa a sostenere che una parte dei morti dopo la vaccinazione sia morta a causa della vaccinazione? O, ancora più analiticamente, come si fa a sostenere che i (pochi) decessi avvenuti a seguito di determinati eventi avversi (eventi tromboembolici, ad esempio) siano stati causati dal vaccino?

Qui le strade sono due. La strada del medico è lo studio clinico dei singoli casi, anche mediante autopsia. La strada dello statistico è l’analisi dei dati. Se ci sono dati a sufficienza, e se non vengono secretati, si può valutare se in una certa classe di casi (ad esempio le morti per eventi tromboembolici) la frequenza dei decessi fra i vaccinati sia superiore a quella che ci si può aspettare per i non vaccinati a parità di condizioni (ossia per una popolazione che ha la medesima composizione per genere, età, condizioni di salute, eccetera).

Un’analisi di questo tipo, se condotta rigorosamente e con onestà intellettuale, può fornire una risposta al nostro interrogativo iniziale. Risposta che può essere di molti tipi, alcuni rassicuranti altri meno. Può emergere che i decessi dei vaccinati sono di più, e che l’eccesso non è attribuibile a fluttuazioni casuali. Ma può anche emergere che la differenza è imputabile al caso, o non è casuale ma è così piccola da poter essere trascurata. L’esito dell’analisi statistica, in altre parole, può aiutare le autorità nei loro sforzi di rassicurazione, oppure può far emergere verità preoccupanti, che minano la fiducia della popolazione nei vaccini, e costringono quindi le autorità a frenare o rimodulare la campagna vaccinale, magari puntando su altri vaccini. Insomma: fornire i dati, e fornirli completi, è un’opportunità ma è anche un rischio. Può restituire fiducia alla gente, ma anche legare le mani alle autorità. 

Ma qual è la strada finora seguita? Dipende dai Paesi. Ci sono Paesi in cui alcune informazioni minime (insufficienti, ma utili) sono note. Per esempio sappiamo che nei primi due mesi della campagna vaccinale il sistema di sorveglianza britannico (basato sulle segnalazioni spontanee, mediante la cosiddetta “yellow card”) ha registrato 227 decessi nei vaccinati con Pfizer, e 275 nei vaccinati con AstraZeneca, e che il tasso di decessi rispetto alle segnalazioni è un po’ maggiore con AstraZeneca. Inoltre, tutti i decessi sono suddivisi fra centinaia di categorie estremamente analitiche, che permettono di conoscere qual è il tipo di evento (ad esempio trombosi) che ha preceduto il decesso. 

In Italia, ad oggi, sappiamo molto poco. A quel che ho potuto vedere, il sistema di sorveglianza dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) segnala nei primi due mesi 40 decessi su 4 milioni di vaccinazioni, ma non indica neppure se sono decessi Pfizer o AstraZeneca, né a quale evento avverso è associato ogni singolo decesso. In compenso il rapporto Aifa, non diversamente dall’omologo britannico, è ossessivamente costellato di affermazioni che tendono ad escludere qualsiasi nesso di causa-effetto fra vaccinazione e sospette reazioni avverse.

Che fare? Le strade sono solo due: continuare nella pratica di non rendere pubblici tutti i dati disponibili su reazioni avverse ed effetti collaterali, così alimentando la diffidenza del pubblico, le perplessità degli scettici, la propaganda No Vax. Oppure mettere a disposizione i dati, tutti i dati. Un tracciato minimo, ma già sufficiente a consentire analisi statistiche accurate, potrebbe includere, per ogni segnalazione: data di vaccinazione, tipo di reazione avversa, data dell’evento avverso, genere, età, tipo di vaccino, lotto, dose (prima o seconda), Comune in cui è avvenuta la somministrazione.

L’ideale sarebbe avere queste 9 semplici informazioni (vedi tabella) per ogni soggetto per cui è stata segnalata una reazione avversa, ma sarebbe già un buon risultato averle per il piccolo sottoinsieme dei decessi, o per quello degli eventi tromboembolici. È difficile pensare che Aifa non disponga di questo tipo di dati, e sarebbe inquietante scoprire che non è disposta a condividerli.

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IL MESSAGGERO

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