La politica oscura di chi odia

La domanda sbagliata da porsi sarebbe: perché la politica esercita effetti così negativi sulla mente di certe persone? La domanda giusta è un’altra: che cosa c’è nella politica che attira irresistibilmente l’attenzione e l’interesse di persone sul cui equilibrio mentale è lecito avere forti dubbi? Ciò che le attira, plausibilmente, è una particolare «qualità» della politica, una qualità che la distingue da altre attività umane. Essa offre alle persone la possibilità di scegliersi una qualsivoglia «nobile causa» il cui perseguimento legittimi ai loro occhi, ma anche di altri che le osservano, l’adozione di comportamenti aggressivi. In questo simile a certe religioni, la politica ha la caratteristica di permettere alle persone di trasformare le proprie frustrazioni private in violenza contro gli altri nascondendone a se stessi (è una forma di auto-inganno) i veri motivi. Prendete un individuo molto frustrato a causa di vicende private. Se potesse scaricherebbe la frustrazione accumulata prendendo a schiaffi il primo che capita o ricoprendolo di insulti. Ma, in tal caso, non potrebbe giustificare in alcun modo, né davanti a se stesso né davanti agli altri, il proprio comportamento. Ma se ci mette di mezzo la politica, tutto cambia. Egli potrà accampare nobili ragioni per giustificare se stesso: «Aggredisco il tale non perché mi fa stare meglio scaricare la mia aggressività su altri, ma perché lui, o lei, come dimostra la sua attività politica, è il diavolo, il male assoluto, eccetera». Aggredisse un passante incorrerebbe nella riprovazione generale. Ma prendendosela con il tal politico, e raccontando a se stesso e agli altri che lo fa per ottimi motivi, può contare, per lo meno, sulla solidarietà di quelli come lui, di quelli che gli assomigliano. Quella solidarietà, spesso, lo rende forte e sicuro di sé.

Da quanto sopra detto discendono varie conseguenze. Ne cito due. In primo luogo, in contesti politici con forti divisioni, ad elevata temperatura ideologica (l’Italia), persone come quelle sopra indicate apprezzano della politica soprattutto le posizioni più estremiste. Sia chiaro: non bisogna affatto pensare che tutti gli estremisti appartengano al club dei frustrati. Alcuni scelgono posizioni estreme per calcolo razionale. Altri però trovano nell’estremismo (di qualsiasi colore) un mezzo per dare sfogo all’aggressività.

La seconda considerazione è che spesso la «violenza paga»: i frustrati violenti hanno l’aria di essere pericolosi e molti, per paura o per quieto vivere, finiscono per assecondarli. Per fare un solo esempio, si pensi all’arrendevolezza di varie autorità, al momento soprattutto anglosassoni, di fronte alla protervia di quelli che pretendono di riscrivere la storia eliminando statue, cambiando i nomi di Università, eccetera. In molte occasioni, paga, eccome, essere verbalmente violenti. E paga ancor di più dare l’impressione di essere pronti a esercitare la violenza fisica.

La politica ha molti aspetti. Talvolta, è in grado di trasformare «vizi privati» in «pubbliche virtù»: una combinazione di atteggiamenti spregiudicati e di ambizione smodata potrebbe fare di una persona un grande criminale ma se egli si dedicasse alla politica forse diventerebbe uno statista di alto rango, capace di fare cose buone per il suo Paese. Non sempre va così. Talvolta, dai vizi privati germogliano solo vizi pubblici.

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