Draghi-Biden, bentornato Occidente

MASSIMO GIANNINI

Tutto bene, a parte il virus. Corriamo sul filo del paradosso, perché a un anno esatto dalla scoperta del Paziente Uno a Codogno il Covid è e resta l’Apocalisse che ha sconvolto, e in molti casi anche distrutto, le nostre vite. Ma dobbiamo riconoscerlo: nonostante questa maledetta pandemia, il mondo sta cambiando in fretta e in meglio. Fino a pochi mesi fa la scena globale era prepotentemente occupata dalla “tirannia dei buffoni” (secondo la formula del politologo francese Christian Salmon): Trump e Bolsonaro, Modi e Duterte, Johnson e Orban, Zelensky e Salvini. L’allegra brigata dell’Internazionale populista, sovranista, nazionalista sembrava tenere saldamente in mano l’agenda e in ostaggio il pianeta. In poche settimane il quadro pare radicalmente cambiato.

The Donald, scampato all’impeachment, gioca a golf a Mar-a-Lago. Il paracadutista brasileiro consuma il suo marqueziano autunno del patriarca. Il capo indiano e il leader filippino appassiscono. I fieri pattisti di Visegrád sono finiti un po’ ai margini. Il Capitano leghista, eurofobico fulminato sulla via di Grugliasco, è salito felice sul carro del governo più euroentusiasta della Repubblica tricolore. Ma c’è di più. La conferenza sulla sicurezza a Monaco e il pre-vertice del G7 di venerdì scorso sono semi piantati nel campo riarso del disordine mondiale. Toccherà ai capi di Stato e di governo irrigare le zolle e far crescere le piante, e sarà un compito arduo. Ma la stagione sembra promettente, grazie anche ai due leader “esordienti” Biden e Draghi. Il nuovo inquilino della Casa Bianca butta al macero il “Maga” trumpiano e annuncia “l’America è tornata”. Una gran bella notizia, per chiunque abbia a cuore il futuro dei nostri figli.

Quando dice “l’Alleanza atlantica è la pietra angolare di tutto ciò che speriamo di realizzare”, Biden riporta gli Stati Uniti nel ruolo ideale che la Storia gli assegna: non il gendarme della Terra, che dichiara guerre unilaterali con la pretesa del “nation building”, ma la superpotenza garante degli equilibri e delle libertà universali. Quando aggiunge “so che gli ultimi anni di tensione hanno messo alla prova la nostra relazione, ma gli Usa sono determinati a impegnarsi nuovamente con l’Europa”, Biden ridà un senso al multilateralismo e ricostruisce un ponte vitale sull’Atlantico. Quando punta il dito contro la Russia e la Cina, che usano le tecnologie come arma di destabilizzazione di massa per sabotare i governi dell’Ovest ed alterare gli assetti del commercio globale, Biden chiede agli alleati una scelta di campo basata non sull’ideologia, ma sulla democrazia. E proprio sulla difesa del liberalismo, che Putin considera ormai finito e “obsoleto”, il presidente americano lancia il messaggio più forte: la democrazia non accade per caso, va invece difesa, rafforzata, rinnovata, per dimostrare che il nostro modello non è una reliquia ma il sistema migliore per assicurare il benessere dei popoli.

Nulla di rivoluzionario, sul piano culturale. Già Churchill ai suoi tempi insegnava che la democrazia è la peggior forma di governo ad eccezione di tutte le altre. Ma sul piano politico la svolta è rilevante. L’8 novembre 2020, giorno dell’annuncio dell’elezione di Biden alla Casa Bianca, Kamala Harris l’aveva anticipata, citando John Robert Lewis: “La democrazia non è uno stato, è un atto”. Ora Biden la formalizza, offrendola ai leader europei come un pensiero e possibilmente un’azione. Non è detto che ci si arrivi, perché al di là della condivisione filosofica quello che conta è poi la gestione pratica dei dossier. E qui le divergenze restano, dal caos libico al nucleare iraniano. La stampa Usa scrive “l’America è tornata, ma Macron e Merkel la spingono indietro”: la Francia rimane affezionata all’idea di un sistema di difesa autonomo, e la Germania mantiene un approccio ambivalente sia con Pechino (primo mercato estero per le automobili tedesche) sia con Mosca (primo partner per la costruzione del gasdotto North-Stream2). Ma insomma, il dialogo transatlantico è ripartito, e questo è già un enorme passo avanti.

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