Draghi è pronto a salire al Quirinale con la lista dei ministri del suo governo

D’altronde doveva attendere l’esito delle consultazioni grilline e il risultato — accolto con sollievo dal Colle — l’ha giudicato come un buon viatico. Draghi metteva nel conto l’esiguità del margine con cui la base di M5s si è poi detta favorevole ad appoggiare il suo governo, siccome in un sol colpo il Movimento era costretto a fronteggiare tre criticità: la presenza in maggioranza di Silvio Berlusconi, quella di Matteo Salvini. E la sua. Vissuto come la punta di lancia di tutto ciò che avversavano, l’ex governatore è però convinto che con il tempo i 5 Stelle cambieranno idea. Saranno la frequentazione quotidiana e la conoscenza, ma soprattutto l’azione di governo, a far mutare l’opinione sul suo conto. Già era successo con Luigi Di Maio e in precedenza con Stefano Buffagni, che per primo aveva detto sì al governo Draghi. Senza dimenticare la conversione del leader della Lega, incontrato riservatamente quando ancora non era premier incaricato. Ma l’adesione al governo dei presidenti impone di accettare le nuove regole. E in questi giorni il ministro degli Esteri si è reso conto che non c’è altra via di uscita. C’è anche un problema matematico: perché se si pensasse di applicare il manuale Cencelli al nuovo governo, facendo i calcoli non basterebbero trenta poltrone. Certo, nel Movimento c’è chi fatica a capire: Riccardo Fraccaro — contiano di ferro fino alla penultima ora — ha dichiarato ieri che il ministero della Transizione ecologica «sarà centrale per M5S», come a volerci mettere il cappello.

Questa sortita fa risaltare un nodo politico. I partiti della maggioranza, che sono al buio, vorrebbero almeno sapere quale metodo stia applicando Draghi per formare il suo gabinetto. Non solo temono di ritrovarsi marginalizzati con dicasteri di secondo piano, e non ne fanno solo una mera questione di potere: il punto è che le scelte del premier incaricato potrebbero rompere gli schemi correntizi delle forze politiche, e le tensioni interne rischierebbero di scardinare partiti all’evidenza deboli. Con possibili effetti sull’esecutivo. Non ora, che tutti stanno coperti, ma nel corso della navigazione.
Nel frattempo, all’ombra della formazione del governo, si intravvede ungioco di posizionamento tra avversari che si ritrovano alleati. La crisi dei grillini e il preannuncio di un divorzio dell’ala movimentista guidata da Di Battista, potrebbe ulteriormente assottigliare i gruppi parlamentari di M5S. Così la «preoccupazione» espressa dalla Lega per questa situazione appare come l’anticipo di un’Opa ostile sui delicati equilibri della larga maggioranza. E ieri sera a Porta a Porta, Salvini non è riuscito a trattenersi, svelando in parte il disegno: «Su alcuni temi ci sarà una maggioranza orientata verso il centrodestra». Tranne poi aggiungere che, vista la spaccatura di M5S «a maggior ragione ci sentiremo responsabili, insieme a Forza Italia, della buona riuscita della missione». È suonato il campanello d’allarme a sinistra: «L’ombrello di Draghi mette per ora al riparo il governo», ha commentato un autorevole dirigente del Pd. «Vedremo quanto dura».

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.