Dalle tasse alle pensioni, i quattro nodi da sciogliere nel programma

a cura di alessandro barbera e francesco grignetti

FISCO
COME LA PENSANO I PARTITI

Salvini sacrifica la flat tax, bandiera del centrodestra
Era una bandiera della Lega, se non del centrodestra intero: la flat tax, ossia la tassa unica. Il mitico prelievo fiscale fissato al 15%. Nel tempo, peraltro, si era capito che nemmeno era una tassa ad aliquota del tutto unica, ma articolata su due o forse tre aliquote, in ossequio alla Costituzione. Comunque sia, Matteo Salvini l’idea della «flat tax» l’aveva tirata fuori di nuovo qualche giorno fa. E sembrava una grossa mina sul percorso del governo. Ma già ieri il Capitano, sentite le poche parole nette del premier incaricato sul merito, ha corretto la linea: «La puoi chiamare “Flat tax” o “Filippo”, a me basta che ci sia l’impegno a tagliare le tasse». E Giorgia Meloni ha subito iniziato a punzecchiarlo: «Ci sono diversi temi non sovrapponibili ai nostri, dall’Europa al fisco. Spero che Salvini riuscirà a far cambiare impostazione a Draghi ma la vedo difficile». 

FISCO
COME LA PENSA DRAGHI
Lotta all’evasione, tasse stabili e riforma dell’Irpef

Mario Draghi sa che il fisco è uno degli argomenti più divisivi per una maggioranza che andrà dalla sinistra di Liberi e uguali alla Lega. Ma non avrà bisogno di esercitare troppo la fantasia. L’Italia è uno dei Paesi con il più alto carico sul lavoro dipendente e diseguale nella tassazione delle persone fisiche. Per mettere d’accordo tutti basta mostrarsi realisti e seguire le ricette che l’Unione europea ci chiede di adottare da tempo: lotta feroce all’evasione, più soldi in tasca ai lavoratori dipendenti, la semplificazione della giungla di agevolazioni e sovrapposizioni, una riforma complessiva dell’Irpef che avvantaggi i redditi medio-bassi. Complice l’emergenza pandemica, per avere il consenso dei partiti all’ex banchiere centrale è bastato promettere che «le tasse non aumenteranno». È stato abbastanza anche per Matteo Salvini. 

MIGRANTI
COME LA PENSANO I PARTITI

Dai porti chiusi all’approccio Ue, la giravolta leghista
L’immigrazione è il secondo grosso rospo da ingoiare, dalle parti della Lega. Hanno sostenuto per tutto il tempo del governo Conte I che con loro i porti erano chiusi, che basta migranti clandestini. Non era poi così vero, ma questo slogan era una bandiera ideologica, e una guerra alle navi umanitarie delle Ong. A chiudere i porti, in verità, è stato il Conte II. La gestione dell’immigrazione poteva essere deflagrante, per un partito che si appresta a sostenere un governo, sia pure istituzionale, assieme alla sinistra. Ed ecco la seconda svolta leghista. Sull’immigrazione, dopo averne parlato con Draghi, dice Salvini: «Io sposerei le politiche di Spagna, Francia, Germania. Tutti Paesi europei dove l’immigrazione è controllata, limitata». Il che è una bella conversione. 

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