Quando le parole sono poco utili

di Ernesto Galli della Loggia

La delegittimazione che colpisce la politica in Italia non è opera dei suoi critici, per quanto velenosi e calunniatori possano essere. Per lo più è un’autodelegittimazione. È il risultato di tutte le occasioni in cui la politica nostrana dà di sé un’immagine sciocca, goffa o grottesca. Il caso più comune è quello della comunicazione. Nove volte su dieci quando i politici italiani parlano l’effetto, si può essere sicuri, è catastrofico. Le modalità principali in cui essi si esprimono sono due: la battuta-pensierino e lo sproloquio. Nessuna via di mezzo: venti secondi o mezz’ora. Lo slogan imparato a memoria — da recitare tutto d’un fiato, seducente come l’etichetta di una confezione di surgelati, che andrà in onda nei tg della sera con altri tre quattro dello stesso tenore: effetto lo zero assoluto — ovvero una chiacchiera ampollosa e involuta, ossessivamente ripetitiva, concettosa, che suscita un immancabile «Va bene, abbiamo capito, adesso smettila».

Rimedio possibile? Fare tesoro delle pagine 199-200 del bellissimo Splendore e viltà, di Erik Larson (Neri Pozza) dedicato a Churchill durante il terribile biennio iniziale della II Guerra mondiale. Il 9 agosto 1940 (non so se mi spiego…) Winston trova il tempo di indirizzare una minuta ai membri del gabinetto intitolata Brevità. Nella quale prescrive come redigere relazioni e documenti interni (solo i «punti essenziali» in «paragrafi brevi e incisivi») e poi aggiunge: «La maggior parte delle frasi contorte sono mere chiacchiere che potrebbero essere rimpiazzate da un’unica parola. Non facciamoci scrupoli a utilizzare frasi brevi ed espressive, anche se dovessero sembrare colloquiali (…)

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