Crisi di governo: è solo un rinvio. L’esito finale sarà il voto

di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

Tristi quei governanti che hanno bisogno del pallottoliere per fare politica, triste il Paese che da quegli uomini è retto. Come ha ricordato Pierferdinando Casini nell’unico intervento degno di uno statista ascoltato ieri in Senato, se ci sono due cose che in politica non servono sono l’angusta logica dei numeri e i risentimenti. In particolare quando i numeri sono così esigui, e il risultato di ieri sera è stato per Conte molto esiguo visto che la somma dei No e degli astenuti è stata uguale ai Sì, e il risentimento pare trovare origine nei soliti dissidi che alla sinistra hanno sempre portato malissimo.

Eppure proprio su numeri e risentimenti il premier e la sua minoranza hanno dato prova di contare in questi giorni bruttissimi per la politica italiana, in cui tutti ne escono male, ognuno con la sua parte di colpa. Il Paese si ritrova, se non dovesse cadere prima, con un governicchio in uno dei momenti più drammatici della sua storia. L’esecutivo Conte aveva governato maluccio fino a dicembre, e la drastica virata di rotta sulle sollecitazioni di Italia viva ne è la dimostrazione evidente, figuriamoci cosa potrà combinare senza una maggioranza “vera” al Senato, che si fonda esclusivamente sui senatori a vita e su quattro raccattati nelle retrovie del potere.

L’operazione responsabili è servita al premier per passare la nottata, ma non sarà sufficiente a quel rilancio del governo che Conte ha promesso. Conte ha parlato di “nuovo progetto politico”, che però per diventare realtà non potrà passare unicamente per l’aggiunta di altri voltagabbana a quelli già incamerati. Come peraltro si vocifera stia accadendo. Le mezze frasi di alcuni degli aspiranti volenterosi (“per adesso non voto la fiducia, valuterò in seguito”) rappresentano più di un indizio. Serviranno i contenuti, le idee, i progetti. In sostanza la politica.

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