Anche la crisi di governo va in lockdown

Al momento questa eventualità non sembra esserci, perché il problema è proprio questo: il controllo della situazione. È proprio questo controllo che manca, dato che accomuna tutte le parti in commedia: il premier che non ha chiaro il punto di caduta, e non solo quello, ripeterà lo schema nel quale ha acquisito una certa maestria, “troncare e sopire”, collezionare documenti e richieste per poi prendere tempo per un “documento di sintesi”; Renzi che pure era partito con la marcia alta ingranata ma ora non può spingere il pedale fino ad andare a sbattere perché i suoi hanno timore che, in questi tempi di improvvisazione politica, si possa andare a sbattere, metti mai che la situazione impazzisce sul serio e si rischia davvero di andare alle elezioni. E così, come in un gioco dell’oca, a voler fare una previsione si ritorna al punto di partenza. Che è un po’ quello che aveva detto il Pd a inizio novembre quando coniò la mitica formula del “patto di legislatura” per poi valutare, una volta stipulato, la necessità di mettere mano alla squadra di governo. Insomma, tutti prigionieri di un equilibrio fragile, ma senza alternative.

Per le crisi vere servono le cose enormi e le cose enormi coinvolgono le responsabilità corali. Parliamoci chiaro, la cabina di regia per gestire la ricostruzione, argomento rilevante, ma non proprio in cima alle preoccupazioni degli italiani, è un terreno già sminato perché non c’è più l’emendamento alla legge di stabilità. E, ormai è acclarato, se ne discuterà in Parlamento. Sui servizi la Fondazione per la cybersicurezza è stata già stoppata. E anche il Mes, con tutto il rispetto, pur essendo rilevantissimo come sono rilevanti 36 miliardi sulla sanità in tempi di pandemia e ospedali in affanno è materia che non porta da nessuna parte perché in questo Parlamento non c’è una maggioranza sul Mes, né col Conte due né col Conte ter: se cioè rompi su quello non c’è un governo successivo che può realizzarlo.

Ecco, ciò che spiega il perché non ci sarà la crisi sono proprio i terreni scelti che non incrociano il vero argomento della discussione: i morti, la seconda ondata, le strategie messe in campo per affrontare l’emergenza sanitaria, il mancato rapporto dell’Oms, le accuse del viceministro Sileri sui “piani fantasma” e sui “manager sciatti” alla Sanità, insomma il principio di realtà. Proprio oggi Italia Viva ha rinunciato a partecipare all’incontro dei capidelegazione di maggioranza dove si discuteva del lock down di Natale, che non è un provvedimento dei tanti, ma “la” decisione che più impatta sulla vita degli italiani, sulle imprese, sul Pil, ovvero l’assunzione massima di responsabilità in questa fase, una di quelle scelte “politiche” che rende legittima non una crisi ma una discussione vera e sofferta. Nel comunicato che spiegava l’assenza si legge: “Sulle ulteriori misure da adottare il partito sosterrà lealmente la posizione del governo, purché si decida tempestivamente e si diano ai cittadini regole chiare”. Una vale l’altra. Chiaro, no? 

L’HUFFPOST

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