Covid, Miozzo (Cts): «La scuola deve essere aperta o per i ragazzi sarà un massacro»


Anche a rischio di un aumento dei contagi?
«I dati ci dicono che i contagi in età scolastica non sono significativamente diversi da quelli di altre classi di età e non abbiamo evidenze per capire se siano avvenuti a scuola o fuori. Vorrei ricordare che il 4 marzo scorso il Cts chiese al governo di chiudere le scuole seguendo le indicazioni della comunità scientifica internazionale, ma all’epoca non avevamo le regole attuali. E poi non sottovalutiamo il ruolo degli insegnanti».

Che vuol dire?
«Sono gli unici a poter far comprendere ai ragazzi il rischio potenziale che rappresentano per i congiunti. È un tema formativo, un messaggio particolarmente difficile da dare».

Secondo lei le scuole chiuse non hanno contribuito a fare scendere la curva?
«Tecnicamente il lockdown è la soluzione migliore, e paradossalmente la più semplice, per ridurre la curva e le possibilità di contagio. Peccato che questa soluzione estrema non prenda in considerazione gli effetti devastanti che provoca sulla popolazione che subisce le restrizioni. Forse bisognerebbe rileggere quello che avevamo suggerito proprio per far sì che le scuole aperte non avessero particolare impatto sulla curva».

Vuole ricordarlo?
«Riorganizzazione del trasporto pubblico locale, scaglionamento degli orari di ingresso, monitoraggio sanitario. Siamo rimasti inascoltati e i ragazzi pagheranno gravi conseguenze».

Crede che la politica non si renda conto dei danni?
«Posso rispondere solo come cittadino e non in nome del Cts che ho l’onore di coordinare, consapevole che in questa delicata fase dell’emergenza le parole sono pietre e talvolta fanno molto male. Mi pare evidente che non ci si renda conto del disastro che si sta consumando nelle giovani generazioni, il devastante impatto sulla sfera psichica e sociale non è evidente immediatamente, ma lo sarà nel lungo periodo».

Sarete favorevoli all’apertura di negozi e ristoranti?
«Esamineremo il potenziale rischio epidemiologico, ma si tratta di decisioni politiche ed economiche».

E sul divieto di spostamento tra le Regioni?
«La mobilità è un elemento di grande criticità. Diremo sì soltanto se ci sarà una curva davvero in discesa».

Che cosa teme di più?
«Se non saremo rigorosi nei controlli e nelle sanzioni, anche severe, avremo la stessa fotografia di questa estate e delle scorse settimane quando abbiamo visto l’assalto al grande magazzino con i prodotti in offerta. Se non saremo in grado di contenere e governare la corsa agli acquisti o il desiderio anche scaramantico di liberazione dal virus delle celebrazioni di Capodanno, alla fine di gennaio vedremo avverarsi le conseguenze della terza ondata come una “emergenza annunciata”».

Lei farà il vaccino?
«Certamente sì, mi prenoto già da ora. Non sono un virologo ma da esperto di gestione delle crisi dico che in situazioni come quella che stiamo vivendo, la comunicazione gioca un ruolo decisivo per vincere la guerra che stiamo combattendo. Indurre dubbi sulle armi universalmente conosciute per sconfiggere questo subdolo nemico è un grave errore che si paga. In emergenza il conto degli errori in genere è molto salato».

CORRIERE.IT

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