Coronavirus, a scuola babele di regole. Scontro sui tempi di rientro

di VERONICA PASSERI

Una corsia preferenziale per le scuole, perché gestire i casi sintomatici di Covid-19 sia più facile e anche con una certa uniformità su tutto il territorio nazionale. A chiederla, nel Consiglio dei ministri che si è tenuto ieri, le ministre dell’Istruzione Lucia Azzolina e della famiglia Elena Bonetti, che già si era espressa a favore di test rapidi per le scuole. E’ essenzialmente una questione di tempi: sono i Dipartimenti di prevenzione delle Asl a scendere in campo quando qualcuno nel mondo della scuola avverte sintomi che facciano sospettare un’infezione da Sars-Cov2. Una eventualità “strettamente monitorata e ad oggi molto limitata”, secondo il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro che ieri ha fatto il punto della situazione: i circa 2.000 positivi riscontrati finora – tra alunni, docenti e personale Ata – sono un numero limitato se si pensa che il pianeta scuola è composto da oltre 8 milioni di studenti e quasi 1 milione di professori.

Ma quando scatta il meccanismo per fissare il tampone e poi attendere l’esito, i tempi sono troppo lunghi e le situazioni a macchia di leopardo. Ci sono realtà come Firenze dove fare il tampone in modalità ‘drive in’ è immediato e il risultato arriva puntuale dopo 48 ore – ma, spiega chi c’è già passato, nei casi di positività l’attesa è ancora più breve – e altre come Roma in cui solo per farlo (testimonianza diretta di diverse mamme) c’è da stare otto ore in fila. E per l’esito si deve aspettare una settimana. Nel frattempo famiglie e classi restano sospese, in quarantena volontaria. Ognuno, poi, interpreta i protocolli come vuole, compreso decidere se mettere in quarantena una classe oppure no.

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