Biden vs Trump: chi vincerà le elezioni Usa 2020?

di Massimo Gaggi, Andrea Marinelli, Viviana Mazza, Marilisa Palumbo, Giuseppe Sarcina

Mancano sette settimane e mezzo al 3 novembre: il giorno in cui l’America scoprirà se l’aspettano altri quattro anni di Donald Trump o un cambio di stile e politica con il democratico Joe Biden. Finora la campagna elettorale è stata dominata da due questioni: la pandemia, che negli Stati Uniti ha mietuto oltre 190 mila vittime; e i disordini nelle città, cominciati a maggio con l’uccisione di George Floyd e mai sopiti fino alle nuove esplosioni a Portland e Kenosha. I manuali di comunicazione politica però ci ricordano che sono pochi gli elettori che prestano attenzione alla campagna presidenziale prima di settembre. Questi ultimi giorni sono fondamentali: tutto può ancora succedere. Ci sono i dibattiti — tre tra i rivali per la presidenza, uno tra i vice Mike Pence e Kamala Harris — e ci potrebbe essere la famosa «October surprise», un evento che modifica il corso della gara. Che succederebbe se la sorpresa fosse, come ha fatto capire in questi giorni Trump, il vaccino? Il punto debole del presidente — la gestione della crisi sanitaria — si trasformerebbe in un’arma spettacolare con la promessa di porre fine all’epidemia?

Per attraversare questo rush finale abbiamo provato a fare un punto della sfida: sondaggi, slogan, volti, strategie.

Il discorso di trump alla convention repubblicana: è stato criticato per l’uso  della casa bianca, luogo istituzionale federale.  a fini elettorali

Quale leader: che cosa dicono i sondaggi
di Giuseppe Sarcina

Joe Biden affronta lo strappo finale della campagna elettorale ancora in testa a livello nazionale. Secondo la media realizzata dal sito RealClearPolitics all’inizio di settembre, il candidato democratico mantiene un vantaggio del 7,2%. È vero che anche nel 2016 Trump fu sconfitto da Hillary Clinton nel voto popolare, ma poi vinse grazie ai meccanismi del collegio elettorale. Tuttavia quattro anni fa lo scarto risultò pari al 2,1%. Ora la distanza è quasi quattro volte più ampia. Eppure nel campo democratico aumentano inquietudini e preoccupazioni.

Trump non ha mai pensato di poter ottenere in assoluto più voti, fin dall’inizio ha impostato la sua campagna per bruciare il rivale nei tre Stati che nel 2016 gli consegnarono la Casa Bianca
: Pennsylvania, Michigan e Wisconsin. E qui nelle ultime settimane la distanza si è ridotta a una media del 3%.

A maggio a Washington circolava una battuta: «Se i democratici perdono anche stavolta dovrebbero chiudere il partito e buttare via la chiave». Eravamo nel mezzo della pandemia, con il presidente che sbeffeggiava l’uso della mascherina e spingeva per riaprire l’economia. Il Paese sta pagando ora il conto: i contagiati sono 6 milioni, con una spaventosa accelerazione dal 17 al 31 agosto: un milione in più.

Ora Trump è riuscito a riaprire lo scontro: la base elettorale, minoritaria ma vincente nel 2016, appare di nuovo galvanizzata. I democratici possono arginare questa controffensiva solo se riusciranno a mobilitare tutti gli spezzoni sociali di riferimento: moderati, indipendenti, liberal, radical, neo-socialisti.

I tag cloud sono una raccolta delle parole chiave emerse dalle due convention, repubblicana e democratica, che si sono svolte a fine agosto

Clan o coalizione?
Due convention, due Americhe
di Giuseppe Sarcina

Trump si arrocca nel suo clan famigliare e in una cerchia sempre più ristretta di fedelissimi. Biden, più per necessità che per scelta, schiera una coalizione larga, composita e con diverse contraddizioni non risolte e, probabilmente, non risolvibili.

La stagione delle convention democratica e repubblicana è servita innanzitutto per definire la natura dei due schieramenti e quindi la prima distinzione netta tra le candidature.
In via preliminare gli americani dovranno decidere se affidarsi a un leader forte, ma sempre più solo; o a un mediatore debole, ma più inclusivo.

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