Willy Monteiro, quel filo rosso che unisce i delitti romani

Gli anni passano, e per capire come è cambiato il mondo del crimine è sufficiente recuperare le parole provocatorie di Edward Bunker, il più giovane detenuto di San Quintino e indimenticato scrittore. “Io parlo di un mondo fatto di feste sulla spiaggia, di notti folli e favolose bionde. Oggi vedo soprattutto gang assetate di sangue e ghetti pieni di dolore”. “Quello che vediamo – racconta un investigatore da anni sul campo – è la nascita di un nuovo soggetto criminale: un mix tra gli spacciatori di Gomorra e i personaggi di qualche gang latina. Ma sono tutti italiani e hanno tutti le stesse caratteristiche”.

Rispondono a questo identikit Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, killer che nella notte del 23 ottobre dell’anno scorso hanno ucciso Luca Sacchiper rubargli i 70mila euro nascosti nello zaino della fidanzata Anastasiya Kylemnik. Entrambi 21enni, entrambi cresciuti a San Basilio, dove hanno imparato a distinguere un revolver da un’automatica e a familiarizzare con il mondo dei “permale” (uno aveva precedenti per spaccio, l’altro per percosse). La pelle coperta di tatuaggi, i profili social impestati di rimandi ai cattivi maestri. Il mondo di Del Grosso e Pirino era Roma, che attraversavano in Smart con il revolver nascosto nel vano portaoggetti e una voglia matta di fare affari.

Il revolver, la stessa arma usata da Daniele Bazzano e Lorenzo Marinelli per sparare a Manuel Bortuzzo nella notte tra il 2 e il 3 febbraio dello scorso anno all’uscita dell’Irish Pub O’ Connel di piazza Eschilo, nel quartiere Axa della capitale. Anche loro barbe curate, capelli rasati ai lati, tatuaggi su tutto il corpo. Bazzano una pistola tatuata sulla spalla sinistra e sul petto il monito: “Tutto passa”. Non passerà la condanna inflitta a Manuel, colpito da tre proiettili calibro 38 che gli hanno spappolato la colonna vertebrale, e non passerà l’incubo del carcere per i suoi aggressori, nonostante i messaggi smargiassi postati su Facebook: “Se nella vita devi striscia’, allora arzati e muori”.
l senso del tutto è raccolto nella confessione di Daniele Bazzano, intercettato mentre parla con il padre in carcere: “Quel poraccio non cammina più… è tutto partito per un ‘che cazzo vuoi'”. Molti di loro sono padri. Oltre alle sparate sui social, ai messaggi violenti, al culto del fisico, al miraggio del denaro, lasciano a casa bambini innocenti, che tra qualche anno si chiederanno il perché di tanta violenza, scoprendo che non esiste una ragione vera se non la drammatica fatalità dell’inevitabile e del già scritto. Una corsa “una piotta e dieci terza marcia” come insegna Algero Corradini, in arte 1727, il 23enne romano che spopola sui social per la lezione di guida sportiva finita in uno schianto sordo, l’arresto e la bestemmia divenuta per tanti metafora profetica: “Fratellì… ho preso il muro!”.

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