Quelli bravi non hanno età

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di   Beppe Severgnini

Qualcuno ricorda la copertina di The Economist su Brexit, quella con un grande rotolo di carta igienica e il titolo «Why softer is better» (Perché più morbida è meglio)? O quell’altra con Donald Trump che cavalca un asinello a stelle e strisce, rivolto verso la coda («Where next?» «E adesso dove si va?»). Queste copertine, insieme ad altre ventisette, le ha create un italiano: Luca D’Urbino, 31 anni.

 Ci siamo incrociati in Ogliastra, Sardegna orientale, poi l’ho cercato. Mi ha raccontato di una mail da Londra, nel 2016: il settimanale più prestigioso del mondo, da allora, lo coinvolge regolarmente, anche nelle pagine interne, insieme a firme (matite?) storiche come Kal (Kevin Kallaugher) e Chris Riddell. Prima di salutarci, Luca D’Urbino ha detto: «Sai cosa mi colpisce? Che all’Economist non mi hanno mai trattato come un ragazzo. Sempre come un professionista».

  Un’affermazione simile, tempo fa, avrebbe potuto pronunciarla Emiliano Ponzi. Illustrava la mia rubrica suIo Donna negli anni Novanta; oggi il suo nome è un marchio internazionale (New York Times, New Yorker, Penguin Books, Apple, Moma NY). Ricordo d’aver pensato subito: «Questo è bravissimo». Non occorreva essere profetici, bastava non distrarsi.

 Altri nomi? Sarah Mazzetti, che ha disegnato per la sezione op-ed delNew York Times. La funambolica Olimpia Zagnoli. I talenti portati in America da Matteo Bologna di Mucca Design (al quale suggerisco la torinese Ilaria Urbinati: a New York, sfonda). Del gruppo faceva parte Elena Giavaldi, che da bambina voleva fare l’edicolante, e oggi è art director a Crown Penguin Random House. L’apripista negli USA è stato Lorenzo Giuffredi, art director di Macy’s e Bloomingdale, poi di riviste come Vogue, GQ, Vanity Fair (e, per tre volte, del nostro 7-Sette).

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