Le scelte che restano da fare in un Paese ancora sospeso

di Antonio Polito

Chiudere è più facile che aprire. Tenere la gente in casa è più facile che organizzarne l’uscita. Non vogliamo essere ingenerosi, e attribuire solo a questa elementare verità il fatto che, dopo aver gestito l’emergenza in modo convincente, il governo non riesca ad uscire dall’emergenza, pur avendone chiesto e ottenuto i poteri. Il bilancio dei mesi terribili della pandemia, il tributo altissimo di vittime e gli errori commessi soprattutto nei primi giorni, non consentono certo autocompiacimenti ingiustificati. Ma bisogna dare a Cesare ciò che è di Cesare, e riconoscere che il «poco possibile» — per usare una felice espressione di Giuliano Ferrara — è stato fatto. Ora però i margini di azione si sono ampliati, non siamo più stretti alla gola dal virus, il nemico è ancora lì fuori che ci aspetta, sì, ma abbiamo mezzi per difenderci, tempo per i controlli, spazio negli ospedali. Il peso delle circostanze, questo terribile macigno dei governi, non ci schiaccia più. Proprio per questo il possibile non è più poco. Il nostro destino è tornato nelle nostre mani: ci salveremo dalla seconda ondata, ci risolleveremo come nazione, rilanceremo la nostra economia, a seconda se prenderemo le decisioni giuste o sbagliate. Abbiamo passato mesi in cui eravamo senza scelta. Ora è arrivato il tempo in cui non possiamo non fare scelte. Ed è qui che il governo sta bruciando il capitale di credibilità fin qui acquisito.

Complice il generale Agosto, si perde nella battaglia delle discoteche, prima chiuse, poi riaperte a metà con la connivenza delle Regioni, poi richiuse, ma con la mannaia del Tar. Si smarrisce sui test negli aeroporti per i vacanzieri di ritorno, un po’ si fanno e un po’ no. Barcolla sul fronte della scuola in attesa dei banchi monouso, che se non arrivano in tempo sulle loro rotelle sono guai. Perde la faccia sul metro tra le «rime buccali», dapprima linea del Piave per la ripartenza delle scuola e ora limite così flessibile da provocare la rivolta dei presidi.

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