Torna la paura dell’inflazione: l’onda starebbe per partire dalla Cina

Mauro Bottarelli

Stati Uniti avrebbe portato immediatamente alla mente l’immagine del cavallone perfetto di Un mercoledì da leoni. Oggi, invece, l’immaginario corre al timore per la seconda ondata di Covid. E, di conseguenza, a un secondo, devastante lockdown dell’economia. Ma da qualche giorno, è un’altra l’onda che turba i sonni di alcuni analisti: quella inflazionistica che la Cina si preparerebbe a far abbattere sugli Stati Uniti attraverso il suo impulso creditizio. Un pericolo potenziale talmente alto da far utilizzare il termine di inflationary tsunami.

Al centro del dibattito, la dinamica rappresentata in questo grafico:

Bloomberg/Zerohedge

in un mondo che non riesce a direzionarsi fra rischio inflattivo o deflattivo, visto l’andamento antitetico di tassi reali attuali ai minimi storici e breakevens invece in crescita da tre mesi consecutivi, ecco che sugli schermi appare la correlazione storica fra stimolo monetario cinese e reflazione dell’economia Usa, letta appunto attraverso l’inflazione (CPI) aggiustata al tasso di interesse. Il grafico mostra però una correlazione storica ancora più inquietante, visto il livello di iscrizione a bilancio degli asset finanziari che sconta mediamente tassi a zero per un tempo illimitato: il rendimento del Treasury a 10 anni, oggi in area 0.70%.

Insomma, a far paura è l’ipotesi che – ancora una volta – la linea blu nell’arco di pochi mesi vada in re-couple con quella rossa dell’impulso creditizio cinese. A quel punto, i modelli di VaR (Valore a rischio) di banche e fondi salterebbero come tappi di champagne a Capodanno. Senza alcunché da festeggiare, però. Anzi.

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