Le ipocrisie dei nuovi politici

di Antonio Polito

Sembra paradossale, ma questa sordida storia del bonus parlamentare certifica il fallimento dell’«antipolitica». E non solo perché i tre che l’avrebbero incassato sono stati eletti nelle file della Lega e dei Cinquestelle, cioè dei campioni dell’antipolitica, detentori del copyright in Italia (gli altri due parlamentari, che l’hanno chiesto senza nemmeno ottenerlo, appartengono più al genere «cretinetti» della commedia all’italiana). È molto probabile infatti che i tre col bonus siano stati eletti al colmo di una serrata campagna elettorale condotta al grido di «onestà, onestà» e «Roma ladrona la Lega non perdona». Il che dovrebbe far riflettere, oltre che su di loro, anche su un sistema elettorale che ci costringe da tempo a eleggere «a nostra insaputa» dilettanti allo sbaraglio, gente senza né arte né parte, il cui unico merito il più delle volte è solo quello di aver conquistato il favore del capo di un partito.

Ma c’è qualcosa di più. Molti dei parlamentari che oggi strillano come vergini offese «fuori i nomi», «vergognatevi», «dimettetevi» (o almeno date la colpa al commercialista), sono gli stessi che hanno valutato, studiato, e infine approvato la norma che ha consentito a persone chiaramente non bisognose (presumibilmente non solo parlamentari) di ricevere un sostegno con i soldi pubblici, cioè del contribuente, cioè nostri. Perché la politica, tanto disprezzata dall’antipolitica, servirebbe proprio a quello: a fare leggi giuste, sagge e misurate, attraverso il dibattito informato.

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