Ora all’Europa e all’Italia occorre buon senso

di Beppe Severgnini

«L’Europa è stata all’altezza della sua storia, della sua missione e del suo destino», ha proclamato il premier Giuseppe Conte. Avrebbe potuto aggiungere: l’Europa ha confermato il suo antico vizio, che è anche una virtù: si muove con determinazione solo quando si trova in grave crisi. La pandemia – 135 mila morti su 445 milioni di abitanti, le società provate, le economie in sfacelo – ha messo il continente con le spalle al muro. La posizione in cui riesce a dare il meglio, apparentemente. La volontà di affrontare insieme la ripartenza dopo il Covid-19 è ammirevole. La decisione del Consiglio Europeo di creare un debito comune – anatema, fino a pochi mesi fa! – è un modo di trasformare una difficoltà in una opportunità. Dopo novanta ore di negoziato, guidati dalla Commissione, i 27 leader dell’Unione Europea hanno deciso di guardare avanti. Il bilancio 2012-2027 sarà di 1.824 miliardi: di questi, 750 vanno al fondo per la ripresa post Covid, denominato NextGenerationEU (390 miliardi di aiuti, 360 miliardi di prestiti). Non tutto è perfetto, ma c’è la buona volontà. Rispetto all’inerzia irritante del recente passato, l’imperfezione volonterosa è un passo avanti.

Perché l’Unione Europea – dopo incomprensioni, liti e dispetti – ha saputo trovare un accordo di questa portata? Perché tutti – compresi i piccoli «Paesi frugali», comprese Ungheria e Polonia rette da governi populisti – hanno capito che in un momento come questo non far nulla, o fare poco, avrebbe messo a rischio la costruzione europea. Dalla quale ormai – e per fortuna – dipendiamo tutti. Nel mare mosso del mondo, siamo a bordo di una nave sicura. Un sollievo.

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