Conte ritrova la sua maggioranza, per ora. Ma i giallorossi preparano resa dei conti

di ANTONELLA COPPARI

Neanche il giorno in cui è nato il governo giallorosso si è visto un fenomeno simile. Un fiume di dichiarazioni di sperticato sostegno al premier che a Bruxelles combatte una battaglia in cui è in ballo il futuro del Paese e della Ue, come ben sanno al Quirinale dove monitorano la situazione. Dal capo delegazione Pd al governo, Franceschini, fino all’amico-rivale Luigi Di Maio passando per Bonafede, De Petris, Fornaro. Tutti lì, con un impegno senza pari, a blindare Conte per respingere gli attacchi di quelli che, in teoria, sarebbero gli alleati europei. L’unione, si sa, fa la forza.

Ma a grattare sotto la superficie si scopre che tutti, o quasi, sono pronti a presentargli il conto. Per un comportamento che dem e renziani non faticano a definire superficiale: ha gestito male la comunicazione – sussurrano –, ha fatto finta che tutto fosse facile, che nel colloquio con il premier olandese Mark Rutte la scorsa settimana aveva gettato le basi per un’amicizia, mentre la realtà dimostra che la situazione era molto più complicata. “Invece di gettare tutte le fiches sul Recovery Fund, avrebbe dovuto rendere più digeribile ai grillini il Mes”.

Lo ha ben presente Giuseppe che nella notte tra sabato e domenica si era lasciato sfuggire: “Non posso rientrare in Italia con una sconfitta: mi sto giocando tutto”. È proprio così. Tornare a casa con un accordo al ribasso significherebbe probabilmente avviare un conto alla rovescia. Non subito: una crisi ora non la vuole nessuno, benché il fantasma del Mes agiti gli animi, con Pd e, soprattutto, Iv pronti a batter cassa già oggi.

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