Anniversario morte Borsellino, l’antimafia oggi vive una pagina buia

Solo luci patinate con intitolazioni di piazze a Falcone e Borsellino, assessorati alla legalità, protocolli e patentini. Luci che sfiorano solo la superficie


Anniversario morte Borsellino, l'antimafia oggi vive una pagina buia

Il 28esimo anniversario della strage di via D’Amelio del 19 luglio del 1992 è l’inevitabile occasione per rispolverare gli slogan e i luoghi comuni dell’antimafia. Ma fermandosi ad osservare le fotografie di Paolo Borsellino, di Giovanni Falcone e degli eroi che hanno dato la vita per la lotta alla criminalità organizzata, è impossibile non domandarsi se davvero questa retorica sia il modo giusto per rendere il sacro ricordo che meritano.

La verità è che oggi l’antimafia sta vivendo una delle pagine più buie della sua nobile storia. Un buio che contrasta in modo paradossale coi riflettori che comunque riesce ad accendere su di sè. Perchè, a ben vedere, si tratta di luci false, comode e che non disturbano nessuno. Luci patinate fatte di intitolazioni di piazze a Falcone e Borsellino, assessorati alla legalità, protocolli e patentini. Luci che si limitano a sfiorare la superficie senza preoccuparsi delle profonde e sempre più forti radici che i sistemi mafiosi sono riusciti a piantare nel tessuto politico, economico e sociale del nostro Paese. Radici che, mentre l’antimafia era impegnata a celebrare se stessa e a emarginare ogni critica interna, purtroppo si sono legate in modo pressochè inestricabile con le radici ‘sane’, creando innesti sotterranei, piante ibride, immense zone grigie dove distinguere tra bene e male, tra mafia, modalità mafiose e rispetto delle regole è pressochè impossibile.

Non c’è bisogno di spostare lo sguardo ai clan che controllano i quartieri di Palermo o di Reggio Calabria, basta guardare a quello che succede nella nostra Regione e nella nostra Provincia. Anzi è necessario guardare al nostro territorio.
Ogni sei mesi nelle relazioni della Direzione investigativa antimafia viene tracciato un quadro chiaro. E’ la Dia ad affermare che in Emilia Romagna la mafia si manifesta grazie a contiguità politiche ed elettorali e a una attività corruttiva sistemica che condiziona gli appalti pubblici o il rilascio di concessioni.

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