Paura del trappolone

“Ci vuole fare un trappolone con Forza Italia sfruttando le nostre debolezze”. Sono toni fortissimi quelli che usa un uomo molto su nelle gerarchie del Movimento 5 stelle. Fortissimi soprattutto se si pensa il destinatario: Giuseppe Conte. Il premier che fu messo come architrave del patto con Matteo Salvini, il premier che è stato imposto al Partito quale conditio sine qua non del progetto giallorosso non aveva mai registrato un punto così basso nei rapporti con il Movimento 5 stelle. Perché davanti ai microfoni le parole si misurano, nel corpaccione parlamentare la confusione è tanta, ma ai vertici le relazioni sono ai minimi termini.

E’ il Mes ad aver scavato un solco. Le recriminazioni sono martellanti: “In emergenza ha deciso tutto lui, sul Recovery fund si è costruito settimane di propaganda intestandosene i termini. Ora, guarda un po’, sul Fondo salva stati dice che l’ultima parola l’avrà il Parlamento. Che equivale a dire che ci vuole spaccare”. Il clima a Palazzo Chigi è teso. Chi lo frequenta ha notato un cambio d’umore negli ultimi giorni. Tra gli uffici si esclude una repentina caduta, ma il pressing del Pd preoccupa. E a quel pressing qualcosa si deve rispondere.

La partita è complicata, la politica si trascina per settimane di caldo, vertici, veleni e sospetti in attesa di un qualcosa che probabilmente non arriverà mai. Per i 5 stelle l’epifania è il voto sul Mes. Concordano con Conte nella sua valutazione di far slittare il voto all’autunno. Sono sulle corde per quel che potrà succedere. “Non posso forzare, cadrebbe il governo”, ha ripetuto il presidente del Consiglio in questi giorni a chi gli ha chiesto di rispondere all’appello pro-Mes di Nicola Zingaretti. Tra i contatti fra tutti i big, da Vito Crimi a Luigi Di Maio, da Paola Taverna a Alessandro Di Battista, i giudizi sul capo del Governo sono sempre più taglienti.

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