La politica senza idee e l’alibi dei tavoli

di Ernesto Galli della Loggia

Avere una visione complessiva delle cose che per una determinata società sono importanti e dare ad esse un ordine di priorità, consiste nell’avere poi un’idea circa i mezzi per realizzare tali cose e nel sapere se tali mezzi sono o no disponibili, e infine, se non lo sono, significa sapere perché ciò accade e studiare come fare allora a dotarsene. Un uomo politico — non un genio, non un semidio in forme umane, ma un normale individuo che si dedica professionalmente alla politica — è per l’appunto uno che ha un’idea, un’idea sua personale, delle cose ora dette. Non è uno che si mette a chiedere ad altri che cosa deve pensare e che cosa deve fare. Se istituisce una commissione di esperti la istituisce semmai perché questa gli consigli il modo tecnicamente migliore per fare una certa cosa che egli ha già deciso di fare. Non già perché la commissione stessa gli suggerisca che cosa deve fare e perché gli scriva lei un intero programma di governo, magari di portata decennale come invece è stata indotta a fare la Commissione presieduta da Vittorio Colao.

Non vorrei apparire irriguardoso verso la meritoria fatica a cui gratuitamente tale Commissione si è sobbarcata ma mi domando: davvero nel governo Conte non c’era nessuno, a cominciare dal presidente del Consiglio, che avesse mai pensato all’opportunità di attuare qualcuna delle cento e passa proposte indicate oggi dalla Commissione Colao, tipo sburocratizzare l’amministrazione o portare l’Alta velocità al Sud? Davvero siamo a questo punto?

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