Covid: oltre metà delle società mettono gli utili in cassa e non li spartiscono. Ecco quali

MILENA GABANELLI –Domenico Affinito

Per la prima volta dal fine della Seconda Guerra mondiale la Shell ha tagliato il dividendo del 66% sul primo trimestre 2020: solo 16 centesimi di euro. Nello stesso periodo la società petrolifera ha registrato una perdita netta di 24 milioni di dollari contro l’utile di 6 miliardi dei primi tre mesi del 2019. I soci della compagnia anglo-olandese lo scorso anno si divisero 15 miliardi di dollari, quest’anno saranno solo 5. Quello che sta succedendo a utili e investimenti di molte aziende quotate non è solo dovuto all’impatto del Covid, che tagliato bruscamente produzioni e consumi causando una delle peggiori crisi economiche dalla Grande Depressione del 1929, o alla decisione dei governi (ha iniziato la Francia, seguita da Ragno Unito e Italia) di non dare aiuti economici pubblici e chi approva la distribuzione dei dividendi ai soci o riacquisti di azioni. È anche, e soprattutto, un modo per prepararsi ad affrontare la fase di uscita dal lockdown, che nessuno sa quanto sarà lunga e difficile. La non remunerazione dei soci ha effetti negativi – lo si è visto nella reazione delle borse sui singoli casi – ma garantisce una miglior solidità alle aziende per fronteggiare i tempi difficili che stiamo vivendo: recuperare liquidità per rafforzare la struttura patrimoniale e resistere.

Dividendi 2020, sarebbe stato un anno d’oro
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