Csm, stop ai casi Palamara. Ecco il piano di Bonafede per la riforma

Bonafede – lo ha detto ieri alla Camera – è convinto che la riforma sia inderogabile, che vada fatta assolutamente, dopo “il terremoto” che ha colpito la magistratura con il caso Palamara, l’inchiesta di Perugia giunta alla discovery delle carte, che ha svelato la grave diffusione di rapporti illeciti, soprattutto sul piano disciplinare, nella corsa ai posti più o meno ambiti. 

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I primi dubbi politici 

Bonafede è convinto che la riforma debba andare al più presto in Consiglio dei ministri. Al tavolo della trattativa, più volte, la renziana Lucia Annibali su vari punti ha detto “mi riservo di decidere”. Un giudizio che per ora è sospeso. Ovviamente tutti i partiti della maggioranza, Pd, M5S, Leu, si rendono conto che questa occasione non può essere resa per lanciare un messaggio duro contro il traffico e l’accaparramento delle nomine da parte delle correnti. 

Una legge delega

Partiamo dai tempi. Stiamo parlando di una legge delega. Cioè il Parlamento, Camera e Senato, dovranno votare una delega al ministro della Giustizia, il quale a sua volta appronterà i decreti attuativi. Che poi saranno licenziati dal Consiglio dei ministri dopo il via libera delle commissioni parlamentari competenti, in questo caso la Giustizia. E forse anche la Affari costituzionali, visto che si parla di elezioni e di una legge che sfiora la Costituzione. Quindi abbiamo di fronte tempi non certo brevi. Un anno? Sicuramente non di meno. Tenendo conto che la prossima elezione del Csm cadrà nel 2022, a ridosso di quella politica come nel 2018. Quando decadranno anche i componenti togati che, per il caso Palamara, sono stati eletti nel 2019 con un voto suppletivo, e quindi resteranno in carica meno dei quattro anni previsti. E su questo potrebbero insorgere delle controversie interpretative. 

Doppio turno e 19 collegi 

Il cuore della riforma. La modifica del sistema elettorale. Bonafede si lascia definitivamente alle spalle il sistema del sorteggio, che pure aveva ipotizzato ed era stato caldeggiato dalle opposizioni e da alcuni gruppi della magistratura, perché esiste un concreto rischio di incostituzionalità. Le future elezioni si svolgeranno con il doppio turno in 19 collegi uninominali, di cui uno per la sola Cassazione. I collegi saranno formati in modo da comprendere un diciassettesimo del corpo elettorale. Saranno individuati tre mesi prima del voto stesso dal ministero. Previsti due turni, nel primo si potranno esprimere tre preferenze. Verrà eletto al primo turno chi ottiene la maggioranza assoluta, mentre al secondo turno si va al ballottaggio tra chi ha ottenuto piu voti. 

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Membri del Csm anche dalle Camere 

Si torna all’antico con il numero dei componenti. I togati passano da 16 a venti. I laici da 8 a 10. Ma ecco una novità rispetto alla bozza di riforma che Bonafede aveva presentato già a gennaio di quest’anno, che però, a palazzo Chigi a metà febbraio prima del Covid, aveva perso per strada la riforma del Csm, con l’idea che dovesse marciare in modo autonomo, slegata dalle polemiche sul processo penale e sulla prescrizione. 

La novità, discussa dalla maggioranza e decisa ieri in via Arenula, è che i componenti laici potranno anche provenire dal Parlamento italiano ed europeo, mentre nel testo originario di Bonafede c’era l’obbligo di attendere 5 anni. Resta invece il divieto per chi ha fatto parte del governo. Per fare un esempio, con questa legge sarebbe stato eletto l’attuale vice presidente David Ermini, semplice deputato, ma non il suo predecessore Giovanni Legnini, che era stato sottosegretario. 

Sezione disciplinare più autonoma 

La futura sezione disciplinare del Csm sarà una sorta di tribunalino interno. Sarà composta da 6 anziché 4 membri effettivi. A farne parte saranno consiglieri che non siedono anche nelle altre commissioni, come invece accade adesso. Avrà quindi più autonomia e maggiore forza. Ciò sarà possibile grazie all’aumentato numero di togati e laici. 

 
I paletti per chi sta al Csm

Saranno molto rigidi i criteri anche per i togati che escono dal Csm. Chi ne fa parte, per i successivi 4 anni, non potrà correre per nuovi incarichi direttivi, ma dovrà rientrare, se ancora libero, nel suo ufficio di provenienza. La sua carriera di fatto resterà congelata. Una modifica molto rilevante, perché in passato il divieto di gareggiare per chi usciva dal Csm per posti apicali era di due anni, poi è stato ridotto, tra molte polemiche, a un solo anno. 

E i paletti rigidi per i futuri capi ufficio 

Qui entriamo nel vero cuore della riforma, la parte anti correnti, per intenderci. Come porre un freno alla spartizione dei posti. Come essere certi che un procuratore o un presidente di tribunale o di corte d’appello o un procuratore generale, o addirittura i vertici della Cassazione, non vengano nominati su spinta delle correnti, e siano comunque i migliori candidati possibili. Uno stop, insomma, a ogni forma di discrezionalità. 

La legge, al momento, prevede innanzitutto un rigido criterio cronologico. Si decidono i capi degli uffici via via che i posti devono essere coperti. Senza accorpare più nomine – le famose nomine a pacchetto – cosa che in verità il vice presidente Ermini ha imposto già da un anno, subito dopo lo scandalo Palamara. Chi partecipa alla corsa per un incarico direttivo o semi direttivo (un procuratore o un procuratore aggiunto) deve aver  maturato l’anzianità necessaria. I candidati devono appartenere a una fascia di età omogenea. Obbligatoriamente, per tutti gli uffici direttivi, i candidati devono essere ascoltati per valutare i programmi e le linee guida che propongono. Ogni candidato deve frequentare, almeno per due settimane, i corsi presso la  Scuola della magistratura di Scandicci. 

Stop alle “porte girevoli”

Norme rigide anche per le toghe che vogliono entrare in politica. Se lo fanno non potranno più tornare indietro. E dovranno trovare posto in un altro ramo della pubblica amministrazione. Se si candidano, e non sono eletti, dovranno comunque cambiare distretto per rientrare in magistratura.

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