Fase 2, i bambini restano a casa o con i nonni? Sono loro i veri dimenticati della ripartenza
Una settimana fa abbiamo fatto il primo colloquio a Maria Elena, che studia canto al Conservatorio. Al bambino è piaciuta subito e anche a noi. Abita a 500 metri da casa nostra, così non deve prendere mezzi pubblici per venire. È molto creativa, si è presentata con un libro sul Flauto magico e con il gioco dello Shangai. Giuliano era stanco di stare sempre con noi, verbalizzava la sua insofferenza, avrebbe preferito rientrare a scuola. Non so se è l’effetto novità, ma a me e al padre ora sembra più contento». Forse il punto è che i genitori confidano poco nelle capacità di adattamento dei loro figli. Di questo è convinto il pediatra Roberto Albani, esperto di genitorialità, autore di moltissimi saggi tra i quali Come parlare ai nostri figli. Spiega: «Stiamo vivendo una situazione assolutamente inedita, di quelle che capitano una volta in un secolo. I genitori sono vinti dai sensi di colpa, per una volta sono costretti a dire di no. E i figli, che prima vivevano la frustrazione del no come sporadica, hanno avuto l’opportunità di adattarsi». È per questo che si dichiara ottimista: «I bambini sono sempre curiosi di vivere nuove esperienze. Ora sarà molto importante che i padri e le madri assumano un atteggiamento non condizionante, non stiano troppo in ansia per loro, li lascino capaci di trovare in sé nuove risorse».
Nostalgia dei compagni
Enrico Fois fa il grafico e vive a Sassari. Quando ieri ha provato a dire a Gabriele, 11 anni, e Nicola, 7, che la scuola sarebbe ricominciata il primo giugno, i figli per poco non si sono sentiti male. Scherza: «Dei compiti non ha nostalgia nessuno di loro, ma dei compagni sì, il più piccolo soprattutto. È stato emozionante quando ha festeggiato il compleanno virtuale di un’amica». Lui ieri se li è portati in studio, un open space di 80 metri dove lavora con il socio. «Hanno fatto i compiti, sono stati tranquilli finché la madre, Barbara, non ha finito il turno al Cim dove è psichiatra ed è venuta a riprenderli». Devono fare così per forza: i nonni sono fuori gioco.
I nonni
Sara D’Uffizi, invece, 37 anni romana, per il suo Leonardo di tre anni e mezzo di nonni ne ha messi in pista tre: quelli paterni e la materna. Lei ha ricominciato ad andare al lavoro il 4 maggio, suo marito Stefano ieri. «Lui è titolare di un negozio di abbigliamento. Per adesso non vediamo alternative: mia madre si è dovuta trasferire a casa nostra, i genitori di Stefano vivono qui accanto, ma sono anziani e non potrebbero tenere il bambino tutto il giorno». Con molta pazienza la missione non è stata impossibile per nessuno (impegnativa, sì).
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