Mascherine a 50 cent, c’è l’accordo. Ecco come funziona

Roma, 14 maggio 2020 – E’ stato finalmente risolto il problema delle mascherine a 0.50 cent più Iva, che ha visto per giorni contrapposti il commissario dell’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri e Federfarma. In sostanza, se i distributori e i farmacisti comprano a un prezzo maggiore gli viene ristorata la differenza fino a 10 cent a pezzo. E in più 129 imprese italiane stanno iniziando a produrre o si stanno riconvertendo. Dunque, d’ora in poi il cartello “mascherine esaurite”, non dovrebbe più apparire fuori dalle farmacie.

Da giugno arriva il made in Italy

L’ultimo accordo, il terzo nell’arco di due settimane, prevede l’impegno dei distributori ad approvvigionare le farmacie con una fornitura di 9 milioni di dispositivi nel mese di maggio a partire da lunedì prossimo. I distributori arrivare a comprare mascherine in Cina fino a 48 centesimi. Ma passare al setaccio il mercato asiatico, alla ricerca di mascherine a buon prezzo, non sarà facile. Per questo il commissario si è impegnato a continuare a integrare gli approvvigionamenti delle farmacie con 10 milioni di dispositivi nel mese di maggio, a partire da queste ore.
Diversa sarà la partita che si giocherà a giugno: con l’arrivo dei dispositivi ‘Made in Italy’ dalle aziende riconvertite, i distributori contano di approvvigionare le farmacie con 20 milioni di pezzi alla settimana. 

Il prezzo a 50 cent più Iva

A risolvere il nodo del prezzo ‘popolare’ – invariato come già aveva ribadito più volte – è stato Arcuri, il quale garantisce l’integrazione della differenza tra il prezzo a cui i distributori comprano ogni ‘chirurgica’ rispetto al massimo a cui dovrebbero pagarle, che è di 38 centesimi. Lo Stato quindi si farà carico dei costi aggiuntivi sull’acquisto di mascherine all’estero. E considerando che la produzione cinese venderà intorno ai 47- 48 centesimi a pezzo, l’integrazione economica prevista dal Commissario potrebbe raggiungere i 10 centesimi per ogni dispositivo acquistato dai distributori. 
Questi ultimi avranno come già stabilito un ricavo di 2 centesimi e le venderanno a 40 ai farmacisti. Dunque la ‘vendita popolare’ resta di 50 centesimi più Iva ai cittadini.

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